In Veneto il plebiscito di Zaia rischia di far precipitare Salvini

Le elezioni amministrative di settembre potrebbero sorprendere i cronisti e gli analisti più esperti del mondo politico, nonché essere in controtendenza con il passato: Toscana, Marche e Puglia sono combattute, soprattutto la prima.

In Veneto, invece, l’esito sembra ovvio, è previsto un plebiscito per l’attuale governatore Zaia, vicinissimo alla riconferma. La valanga di voti che si prospetta potrebbe accentuare il distacco da Salvini, già emerso negli ultimi tempi.

Il sondaggio realizzato da “Ipsos” e pubblicato ieri sul “Corriere della Sera” ha messo in luce dei dati più che favorevoli: il 76% dei veneti esprime una valutazione positiva sull’operato dell’amministrazione uscente, con un gradimento trasversale. Perfino tra molti elettori del Movimento 5 Stelle sembra esserci apprezzamento verso il leghista. Già vincitore nel 2010 e nel 2015 con percentuali dignitose, si appresta alla tripletta elettorale e dà una gomitata al partito.

Infatti, la sua lista “Zaia Presidente”, diversa ma chiaramente alleata a quella del partito, godrebbe del 34.5%, davanti a quella della Lega accreditata al 23.5%.

Il dato è molto interessante: è un caso in cui il gradimento del leader supera quello dello schieramento al quale appartiene. Ciò mette Zaia in una posizione superba, perché annoda le mani agli alleati di partito, timorosi del notevole consenso. Acquisire potere all’interno di una fazione, quella leghista, dove tutta (o quasi) la visibilità è concentrata nelle mani di uno solo, significa far girare la testa ai colleghi. Salvini è la Lega, in televisione, in radio, sui social network, sui manifesti pubblicitari (hanno suscitato clamore quelli affissi a Roma con la sua faccia); Zaia è un ottimo politico, scaltro, istituzionale al punto giusto, veterano della cosa pubblica. Tant’è che, vista la delicatezza della questione, la “segreteria regionale Liga veneta per Salvini premier” ha inviato un duro messaggio alle sezioni di partito: “[…] si ribadisce che tutte le sezioni territoriali devono fare campagna elettorale solo per la lista Lega”.

La possibilità, forse lontana tuttavia possibile, che le “due leghe” si separino preoccupa il leader del Carroccio. Non si può omettere, a onor del vero, che Salvini abbia fatto tanto per scendere nei sondaggi nazionali e quindi se la sia un po’ cercata. Si getta a capofitto su ogni tema caldo, senza – apparentemente – aver studiato a fondo l’argomento e le conseguenze che le sue dichiarazioni potrebbero avere in merito. La politica anti immigrazionista come salvagente in caso di decrescita elettorale, dopo un po’, risulta stucchevole, perché unica e sempre solita; il negazionismo, ostentato oltremodo, anziché convincente giacché vicino al sentimento comune, risulta illiberale, dal momento che libertà non è fare ciò che si vuole, ma vivere con responsabilità reciproca. Checché ne dica, al posto di  sfruttare il vanto di avere un notevole governatore tra i suoi, si è lasciato oscurare da esso. E il pericolo di adombrarsi ancora di più c’è, se il suo atteggiamento resterà tale e le elezioni in Veneto saranno un plebiscito come si prospetta.

La salute del primo partito nazionale dipende dagli elettori, senza dubbio, perché in democrazia chi vota, decide. O almeno dovrebbe, se si eccettuano alcune maggioranze parlamentari “furbe”, raffazzonate per salvare non poche poltrone.

Però, fuori da tali casi, l’urna sì comanda, ma se il partito risulta impresentabile tanto nei programmi quanto nei candidati, la colpa è della classe politica, non della scelta popolare. Ecco che Matteo Salvini dovrà studiare bene le proprie mosse, o rischia di cadere in un burrone alto tanto quanto il numero di voti che prenderà il collega, o rivale, Luca Zaia.

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