Nel contesto sociale attuale, tra le persone comuni, è abbastanza frequente il generarsi di diverse incomprensioni interpretative delle leggi appartenenti al nostro ordinamento. Spesso, tali fraintendimenti sono dovuti dalla carenza di preparazione giuridica che, giustamente, non tutti possediamo. Infatti, vuoi chi per un motivo, vuoi chi per un altro, ognuno ha condotto uno stile di vita proprio, che lo ha portato lontano da queste conoscenze, in quanto non per forza le vite di ogni singolo individuo debbano passare necessariamente per le facoltà di Giurisprudenza dei vari Atenei italiani.
Per risolvere queste problematiche, lo Stato italiano incarica i propri organi giurisdizionali (i giudici) di dirimere le controversie nel pieno rispetto delle norme vigenti. Così, per assicurare il corretto funzionamento di tale apparato, dispone tramite leggi costituzionali e ordinarie quali giudici dovranno occuparsi di quali materie, determinandone anche i limiti entro i quali, questi, debbono operare senza sconfinare nella giurisdizione o nell’area di competenza altrui.
La differenza tra queste due si può semplificare così:
- La giurisdizione riguarda una prima suddivisione in diverse grandi aree, ad esempio la giurisdizione penale, la giurisdizione amministrativa, la giurisdizione civile, la giurisdizione costituzionale, ecc., dove i giudici sono altamente preparati in quei determinati settori.
- La competenza, invece, è una conseguente suddivisione delle rispettive giurisdizioni. Ad esempio, nella giurisdizione civile ci sono giudici esperti e pertanto esclusivamente competenti nel diritto di famiglia, nel diritto del lavoro, nella contrattualistica tra privati o ancora giudici la cui competenza è a sua volta suddivisa dal valore dell’oggetto per cui si litiga. Quindi, quando accade che due giudici siano entrambi competenti sulla stessa materia, a fare da selettore è il valore economico della causa, semplificando “i soldi in gioco”. In quest’ultimo caso basti pensare alla differenza tra il giudice del tribunale civile ordinario (detto anche “Giudice Ordinario”) e il giudice di pace civile (detto anche “GdP” o “Giudice Onorario”) in ambito di sinistri stradali. La competenza del primo (il giudice ordinario) scatta subito quando dal sinistro stradale derivino danni o comunque spese superiori a 20.000€.
Pertanto, il giudice che si rende conto di essere in difetto di giurisdizione (quando non ha giurisdizione) o di essere “incompetente” (non inteso nella sua comune accezione dispregiativa, ma, semplificando, inteso come “non specializzato” in quella materia) deve rinunciare alla causa per legge, indicando alle parti in lite il giudice che ha giurisdizione o che è competente per decidere.
Purtroppo, questo non sempre accade e in questi casi, quando un giudice si accorge o ha anche solo il sospetto che una legge possa essere incostituzionale, egli non può disapplicarla o dichiararla incostituzionale, ma deve sospendere il processo, là dove necessario, e sollevare questione di costituzionalità, ossia cedere la questione alla Corte costituzionale, la quale assunte tutte le informazioni e svolte tutte le indagini normative del caso, si pronuncerà.
Questo, per via della delicatezza della materia, in quanto il giudice, nonostante deve rispettare i requisiti dell’imparzialità e della terzietà, è pur sempre un essere umano e potrebbe lasciarsi influenzare da idee personali, anche di stampo politico.
Così, per assicurarsi l’indipendenza e la solennità di una tale pronuncia, la nostra Costituzione delega tale compito alla Corte costituzionale, la quale è composta da 15 giudici, dove 5 giudici sono eletti dal parlamento, altri 5 sono nominati dal Presidente della Repubblica e i restanti 5 sono scelti tra le più alte cariche della magistratura. Questi, rimangono in carica per nove anni dal momento in cui prestano giuramento e non possono essere rieletti o rinominati.
Ora, la pronuncia della Corte costituzionale è così importante che nel momento in cui una legge viene dichiarata incostituzionale essa scompare, cessando immediatamente ogni effetto; motivo per il quale non può pronunciarsi un qualsiasi giudice a riguardo, ma servono persone dotate di eccelse qualità giuridiche.
Una volta che si ha la pronuncia, il giudice che ha sollevato questione di costituzionalità, può riprendere il processo e dirimere la lite tenendo in considerazione in nuovi mutamenti avvenuti a livello normativo.
A questo punto, una domanda nella mente del lettore potrebbe sorgere “Ma solo il giudice può rivolgersi alla Corte costituzionale?”. La risposta a questa domanda non può essere che affermativa, per quanto riguarda solo i singoli cittadini ovviamente. Perché alla Corte si può accedere in due modi distinti:
- Il primo è in via principale, ossia ci si rivolge direttamente ad essa, ma questa modalità è riservata esclusivamente allo Stato e alle Regioni, sia per evitare che si abusi di questo istituto paralizzandolo e paralizzando tutti i processi, sia perché di solito il cittadino matura l’interesse a verificare la compatibilità costituzionale di una norma solo quando si trova innanzi a un giudice per far valere i propri diritti.
- Il secondo è quello detto precedentemente, ossia ci si trova davanti ad un giudice e questo solleva questione. Una cosa non detta è che anche i cittadini possono sollevare questione di costituzionalità, rivolgendosi al giudice davanti al quale stanno discutendo, il quale a sua volta poi la porta all’attenzione della Corte.
Pertanto, avendo fatto una chiarezza sui punti salienti relativi all’organizzazione della macchina giudiziaria italiana, spero di aver contribuito a incrementare la partecipazione alla vita organizzativa del nostro bel paese, da parte di coloro che per le vicissitudini della vita, non hanno potuto acquisire tali strumenti, ricordando che dietro ad ogni scelta, spesso si racchiudono situazioni non sempre facili da vedere o intuire ai loro occhi, ma per chi è del mestiere risultano subito palesi.