Charlie Chaplin: il “vagabondo“ del cinema

Charlie Chaplin è il solo regista, attore e sceneggiatore che copre più di cinquant’anni di storia del cinema, dal cinema muto a quello sonoro. Il suo primo film fu presentato al pubblico nel 1914, l’ultimo nel 1967. Parlare di Chaplin dunque significa anche parlare della storia del cinema. Il linguaggio di Chaplin è apparentemente monocorde, ma parallelamente presenta al pubblico prospettive storiche che si modificano nel tempo. Infatti la sua storia si confronta con quell’insieme di norme estetiche, di convenzioni, fondate nel 1800, che hanno come capisaldi i termini “ spettacolo” e “popolare”. A riprova di ciò vediamo che Chaplin mette nella figura di Charlot (il suo personaggio più famoso) la sostanza di un “vagabondo” anarchico, in lotta con l’ordine istituzionale della società. Charlot è un “divo” protagonista di storie copiate dai feuilleton commoventi, che il cinema proponeva alle platee di tutto il mondo. Ma Chaplin rovescia il feuilleton e lo trasforma nella critica di modelli sociali. Per lui l’umorismo è opposizione alle regole, provocazione, un continuo rovesciamento del sicuro e tranquillo universo borghese. Ma l’umorismo per Chaplin è l’unico mezzo per poter rappresentare la tragicità del reale. Il comico deve mostrare l’altra faccia della realtà, quella sempre nascosta, usando anche la distruzione dei suoi stessi linguaggi. Chaplin mostra l’altra faccia della realtà, una faccia nemica, ostile. Il reale diventa una falsa coscienza, quindi è possibile dire che il cinema di Chaplin vaga tra l’astrazione (il mito) e la concretezza (la storia). Questa opposizione è parallela a quella che ritroviamo in Chaplin stesso, quella tra il cuore e la mente.

Chaplin parla prevalentemente di se stesso, mettendosi al centro di un universo ben determinato storicamente; infatti la maschera di Charlot è la trasposizione della sua infanzia e della povertà allora sofferta. Charles Spencer Chaplin, nacque il 16 aprile 1889 a Londra, in una periferia povera e grigia. I suoi genitori, due attori falliti, si separano un anno dopo la sua nascita. Lui e il fratello Sidney finirono in un orfanotrofio. Nel 1900, Sidney si imbarca per l’America e Charlie dovette pensare al sostentamento della madre ormai entrata nel tunnel della follia.

Il debutto teatrale del giovane Chaplin avvenne nel 1906. Egli racconta che entrò in scena con le spalle al pubblico, in preda ad un caos di emozioni. e quando si voltò all’improvviso mostrando un naso rosso, il pubblico scoppiò in una risata e lì capì che il contatto con il pubblico stesso era ormai costruito. Nel 1908 è già protagonista nella compagnia in cui lavora. E il suo sostituto era un “certo” Stan Laurel. I due attori si ritrovarono poi protagonisti del nascente cinema americano. Mentre Chaplin ebbe subito successo, Stan Laurel impiegò qualche anno per affermarsi. Dopo brevi esperienze nel cinema americano, nasce il personaggio di Charlot. I suoi piccoli baffi neri, la bombetta, la giacca stretta e corta, i pantaloni larghi e sformati, le scarpe rotte e il bastoncino di canna, formeranno l’unico e mai sostituito costume di questo personaggio. Chaplin accettò la nascita del cinema sonoro, ma difese e conservò sempre il silenzio del “vagabondo” Charlot. Infatti, non volle mai mettergli la voce, tanto che preferì abbandonarlo per cercare nuovi personaggi più adatti al sonoro.

Chaplin diceva: “Il passaggio meccanico dal cinema muto a quello parlato è inammissibile: l’immagine creata dalla rappresentazione di un film muto non è conciliabile con la parola. Il silenzio è l’essenza del cinema. Per le parole bisogna creare un’immagine diversa”. Chaplin credeva nel potere della comicità e della commozione, come un antidoto all’odio e al terrore. Era convinto di essere un mezzo per distruggere l’odioso clima di sospetti e timori, che avevano invaso il mondo a lui contemporaneo. Si rimproverava di essere un anticonformista: “Non sono comunista, ma mi sono sempre rifiutato di allinearmi con coloro che odiavano questa dottrina, e questo atteggiamento ha offeso molta gente”. Queste affermazioni gli costarono, in epoca di Maccartismo, l’esilio dall’America. Fu riabilitato dall’opinione pubblica americana solo all’inizio degli anni Settanta, quando tornò nella sua patria di adozione per ritirare l’Oscar alla carriera

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