Il ritorno al proporzionale porterà a una stagione di profondi cambiamenti per la politica italiana

Secondo quanto stabilito dall’ufficio di presidenza della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati, giovedì 16 luglio 2020 sarà adottato il testo base della nuova legge elettorale, un provvedimento centrale per la politica italiana. Questa riporterà il nostro paese a un sistema proporzionale, con la fine del bipolarismo e l’apertura di scenari politici inediti.

Nonostante la rilevanza della proposta di legge, su iniziativa del deputato Brescia, politica e media non sembrano propensi ad entrare nel merito della questione, convinti che sia più interessante continuare a scontrarsi su immigrazione, diritti civili e concessioni autostradali.

Non che tutto questo non sia importante, sia chiaro, ma in un Paese politicamente maturo si dovrebbe quanto meno aprire una profonda riflessione sul ritorno ad un sistema elettorale bocciato dagli italiani nel referendum abrogativo del 18 aprile del 1999. Si torna al modello “Prima Repubblica”, senza però la classe dirigente di quegli anni.

Da allora per due volte le leggi elettorali sono state dichiarate incostituzionali dalla Consulta. Speriamo che almeno stavolta l’abbiano capito e che saranno capaci di inserire, come raccomandato dai costituzionalisti, dei validi strumenti per la selezione della classe dirigente. Il PD pare proporrà il reinserimento delle preferenze. Una bella notizia che permetterà, finalmente, di eleggere senatori e deputati realmente rappresentativi dei territori e non figurine scelte da qualche potente di partito.

Tornando al proporzionale, questo è un sistema che potrebbe relegare la Lega, primo partito italiano, al ruolo di eterna opposizione, un po’ come il Partito Comunista durante la “Prima Repubblica”. In questo sì, “Il Carroccio” potrebbe essere erede di Berlinguer. Perché, oltre alla capacità di raccogliere consensi, quella che sarà determinante per la nascita di qualsiasi futuro governo sarà la propensione a stringere alleanze, a concludere accordi e ad aggregare una maggioranza parlamentare.

Nella frammentazione troveranno nuova linfa i piccoli partiti, a patto che riescano a superare la fatidica soglia del 5%. Cosa, ad oggi, più che mai improbabile per Azione, Italia Viva e + Europa. Allora, con un colpo di reni, potrebbe tornare al centro dello scacchiere Silvio Berlusconi che, con Forza Italia, potrebbe essere determinante per la nascita di qualsiasi esecutivo.

Alcuni parlano di fantascienza ma le aperture di Prodi e De Benedetti, unite alle posizioni comuni sul MES, potrebbero far riavvicinare Democratici e Forzisti, in un connubio che suona, sempre di più, come un Nazareno 2.0.

Certo, sarà difficile per l’ex Cavaliere condividere future alleanze con il Movimento 5 Stelle, oggi sempre più appiattito da Grillo sulle posizioni dei Dem. L’accordo strutturale anche sui territori non è poi così lontano.

Grillo sacrificherà Virginia Raggi e se M5S e PD andranno insieme, vincendo, a Roma, allora potranno farlo, a cascata, in tutte le prossime amministrative riscrivendo una storia che fino ad oggi sembrava impossibile.

Quella che stiamo per vivere sarà una stagione di grandi cambiamenti per la politica italiana e, forse, più di qualcuno rimarrà spiazzato quando si accorgerà di non averli saputi comprendere e accompagnare.

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