“Fare un film è come fare un viaggio, ma del viaggio mi interessa la partenza, non l’arrivo. Il mio sogno è fare un viaggio senza sapere dove andare, magari senza arrivare in nessun posto.” Questa frase di Federico Fellini racchiude la visione della vita e del suo cinema.
Egli pensava, all’inizio, di non essere tagliato per la regia. Non aveva il gusto della pignoleria, della coerenza ma soprattutto gli mancava l’autorità: egli sentiva che tutte queste doti necessarie per essere un regista mancavano al suo temperamento.
Lui diceva: “Che la regia di un film è come il comando sulla ciurma”. Eppure già faceva lo sceneggiatore, andava sui set e si meravigliava che i registi potessero avere rapporti tanto distaccati con gli attori e le maestranze. Ma sulla sua strada arrivò Rossellini, che lo tolse da un periodo nebbioso “costringendolo” ad affrontare la sua prima regia.
Con gli attori ebbe uno strano rapporto, dava loro dei suggerimenti tratti dall’osservazione che lui faceva degli attori stessi fuori dal set. Li osservava mentre telefonavano, a tavola mentre mangiavano, o quando parlavano male di altri colleghi.
Fellini andava in cerca di facce espressive, caratterizzate, che potessero raccontare tutto di loro, al primo apparire sullo schermo. Nonostante ciò, i protagonisti principali dei suoi film erano attori famosi (come Mastroianni, Sordi, Quinn, Sutherland, Anita Ekberg, Giulietta Masina, Randone, Villaggio ). Fellini non costringeva gli attori ad entrare nei panni dei personaggi, voleva che fossero se stessi e affermava che ciascuno ha la faccia che gli compete ed è la vita a donargliela, non sbagliando mai.
Per Fellini la luce era il fattore essenziale per il cinema: poteva rappresentare sentimento, profondità, colore, fino a diventare espressione poetica. La luce era un fantastico pennello, che sfumava ed esaltava, che rendeva credibile ed accettabile anche il fantastico (come il mare del film “ E la nave va”). Ma la luce crea anche trasparenze per cui una realtà grigia e scialba può diventare onirica. Fellini riusciva con un riflettore a rendere misterioso e affascinante un volto opaco e inespressivo. E la scenografia più squallida acquisiva con la luce prospettive incantate. Infatti diceva:“ Spostando appena un riflettore, e accendendone un altro in controluce, ogni senso di angoscia scompare. Il film si scrive con la luce, lo stile di un autentico cineasta si esprime con la luce”.
Federico Fellini all’inizio della sua carriera amava il “bianco e nero”, gli sembravano gli unici colori adatti al cinema, mentre il colore gli ispirava immobilità. Ma poi cambiò idea e prevalse in lui la sua natura di disegnatore e vignettista abituato ad usare i colori. Egli affermò che “il colore arricchiva il film di una nuova dimensione e se usato pittoricamente diventava un mezzo di espressione preziosissimo”.
Osservando Rossellini capì che si poteva fare il cinema con la stessa libertà con la quale si scrive e si disegna, realizzando un film senza l’angoscia per il risultato finale, ma realizzandolo giorno per giorno. Si paragonava ad un pittore che cerca il giusto tono sulla tela.
Fellini nella fase di preparazione disegnava i personaggi dei suoi film, dal momento che diceva: “E’ un modo per cominciare a guardare il film in faccia”. Fellini non è soltanto il “Regista”, ma egli è semplicemente Fellini, ha incarnato l’italiano dell’arte, imprevedibile e geniale, creatore inventivo, meditativo e cosciente. Parlando della sua filosofia, Fellini si esprimeva così:” Ogni ricerca che un uomo svolge su se stesso, sul mistero della vita è una ricerca spirituale, nel senso vero del termine, religiosa. Questa è la mia filosofia: una ricerca in se stessi e negli altri, in ogni direzione, in tutte le direzioni in cui va la vita”.