Il 26 giugno 2020 è stato siglato l’accordo tra i sindacati e Trenord per «garantire il diritto alla mobilità dei lavoratori del delivery food», dopo che lo scorso 13 giugno era stato arrestato alla stazione di Greco Pirelli a Milano, il rider di origine nigeriana, per essere salito sul treno con la bicicletta.
Mentre i sindacati gridano alla vittoria per aver sostenuto questa giusta causa, ottenendo, come riportato da SkyTg24, due carrozze su 18 treni, adibite esclusivamente al mezzo dei lavoratori del Food Delivery nonché la revoca del provvedimento di Trenord, i «riders» continuano le loro proteste in tutta Italia.
Proteste giustificate, visto l’ulteriore tentativo di precarizzazione del lavoro, da parte di quelle piattaforme che, come riportato dall’ANSA, durante i mesi cruenti della pandemia, hanno avuto un incremento del +31% al Nord, +32% al Centro Italia e nel Sud un notevole +53%.
Nonostante questo rafforzamento monstre, le società di Food Delivery non hanno fornito ai «riders» adeguati dispositivi di sicurezza e allo stesso tempo hanno ridotto le tariffe orarie, arrivando dunque ad uno sfruttamento dei propri dipendenti. Ciò viene anche dimostrato dall’accusa di caporalato mossa dai giudici del Tribunale di Milano verso il colosso Uber Italy che si dovrà presentare a processo il 22 ottobre per la discussione sulla misura di prevenzione del commissariamento.
Nelle piazze, specie di Milano e di Bologna, scioperi e presidi sono all’ordine del giorno ed emerge dunque il desiderio di un vero e proprio intervento dello Stato nella tutela di questi lavoratori, alla merce di colossi capitalisti che, evidentemente, dalla crisi del Covid-19, avrebbero dovuto prendere lezioni di umanità oltreché di economia.