La buona meteorologia: intervista ad Andrea Corigliano

Spezzino di 40 anni, Andrea Corigliano, laureato in fisica a Genova e specializzatosi a Bologna in fisica dell’atmosfera e meteorologia, ci racconta il suo percorso formativo e come sta combattendo per riportare al centro dell’attenzione pubblica una corretta informazione meteorologica.

Dopo un biennio, 2012-2014, passato al fianco del Colonello Mario Giuliaccia presso il suo centro meteo di Milano, Andrea Corigliano dal 2015 insegna presso istituti superiori matematica, fisica e meteorologia. Negli ultimi anni sta scrivendo una collana, di otto volumi, (ad oggi ne sono pubblicati 4, il prossimo sarà disponibile a giorni, nda) Meteorologia, con cui spiega i fenomeni fisici che caratterizzano l’atmosfera e come si crea una previsione metereologica.

Come è nata la tua passione per la meteorologia?

È nata da bambino, in età scolare. Probabilmente la scintilla è scoccata con la nevicata del gennaio del 1985 che avvolse in un candido manto bianco anche la città della Spezia, dove abito. Da quel momento le previsioni del tempo, allora condotte dal Generale Andrea Baroni e dal dott. Guido Caroselli, sono diventate il mio programma preferito. Ricordo che passavo i pomeriggi a disegnare sulle cartine dell’Europa e dell’Italia, ricalcate con la carta carbone, le isobare, i fronti perturbati, i centri di alta e di bassa pressione e le icone meteo per poi ripetere la previsione ascoltata in TV ai miei genitori e a chi veniva a trovarci a casa. Dovevamo tutti passare dal mio… “buonasera”.ù

Come si diventa meteorologo?

Il meteorologo è, prima di tutto, un fisico dell’atmosfera perché le dinamiche del tempo rispondono a ben precise leggi fisiche che devono essere conosciute. La laurea in Fisica è quindi il primo passo da compiere per raggiungere questo traguardo. Poi bisogna specializzarsi in Meteorologia e infine, se si vuole svolgere la professione di meteorologo previsore, fare anche tanta pratica. Io posso dire di essere capitato nel periodo in cui ho potuto intraprendere questo percorso frequentando prima l’Università di Genova e poi l’Università di Bologna. Oggi, dopo un periodo di stallo, i corsi universitari che forniscono la preparazione idonea a svolgere questa professione sono stati di nuovo aperti: per esempio a Torino, Trento, Bologna, L’Aquila, Roma e Napoli sono attive lauree triennali e/o magistrali in questo settore scientifico.

Bombe d’acqua”, “uragani” e altri termini sensazionalistici. Quanto si sta perdendo nella meteorologia a vantaggio di uno show?

Si sta perdendo tutta la sua essenza scientifica, fatta di rigore e di semplicità. La meteorologia non ha bisogno di essere urlata per tenere incollato l’utente alla notizia. Il problema gira sempre attorno alla mancanza di cultura in questo campo: dal momento che la conoscenza è latitante, ci cerca di attirare il lettore agendo sulla sua sfera emotiva. Se io dico che arriva un “nubifragio”, nessuno mi ascolta. Se al posto di “nubifragio”, che è il termine scientificamente corretto, uso il neologismo “bomba d’acqua”, allora gioco con la paura, l’ansia e la preoccupazione del lettore e la mia notizia si diffonde a macchia d’olio. Si può rendere la meteorologia uno show, ma che sia uno show scientifico! Certo, è più difficile, perché per renderlo tale è necessario semplificare per tutti concetti che sono anche complessi. Bisogna lavorare di più, molto di più rispetto al lancio di una notizia intrisa di sensazionalismo, cioè di un linguaggio che non si addice alla scienza.

Stai scrivendo una bellissima collana scientifica chiamata METEOROLOGIA con cui spieghi in termini rigorosi ma semplici le dinamiche atmosferiche ed il mondo delle previsioni: pensi che la tua campagna verso una sana informazione avrà il merito di svegliare gli animi?

Si tratta di una collana di otto volumi (a breve sarà disponibile il quinto) in cui si toccano tutti i temi legati alla meteorologia (disponibile sul sito della casa editrice Ronca Editore roncaeditore.it nda). Il mio obiettivo è dare un piccolo contributo a una buona causa: provare a diffondere un po’ di cultura nell’ambito delle scienze dell’atmosfera perché credo che la nostra società ne abbia veramente tanto bisogno. Non pretendo di arrivare addirittura a svegliare gli animi perché mi sembra una pretesa davvero eccessiva. Però, visto che i cambiamenti di solito partono dal basso, mi accontenterei di accendere in chi legge questa collana un po’ di passione per la conoscenza del mondo che sta sopra di noi e con il quale interagiamo in ogni momento della giornata. Non dobbiamo diventare tutti meteorologi, ci mancherebbe, ma se riuscissimo ad avere anche la minima infarinatura su come funziona l’atmosfera, su che cosa sono le previsioni del tempo e su come si comunica l’informazione meteorologica, riusciremmo da soli a capire dove sta di casa la buona meteorologia. La cultura in questo campo è la nostra migliore alleata per comprendere per esempio quale sito meteo è fedele al rigore scientifico e quale no.

Altro argomento spinoso: le previsioni a lungo termine. Azzardo del meteorologo oppure tentativo di catturare accessi degli utenti da parte di chi gestisce i siti internet?

Chiariamo un concetto: le previsioni a lungo termine non sono un terreno che è tassativamente vietato calpestare. Dipende dal modo in cui queste previsioni sono discusse e presentate al grande pubblico. È noto, infatti, che la loro affidabilità decresce più o meno rapidamente man mano che si allunga la distanza temporale. La velocità con cui avviene questa perdita di attendibilità dipende soprattutto dal tipo di circolazione che si deve prevedere. Di solito, situazioni caratterizzate da alte pressioni che portano tempo stabile e soleggiato sono più predicibili e quindi in una linea di tendenza di questo tipo si può arrivare a dare delle informazioni generali anche fino a una settimana. Se invece l’evoluzione meteorologica è caratterizzata dalla variabilità, è bene non andare oltre i tre giorni. Nel trattare previsioni di questo tipo è quindi necessario far capire al lettore che parliamo sempre di possibilità o di probabilità che un particolare scenario si possa verificare e che quella prima bozza di previsione non è ancora completa, ma deve essere nuovamente analizzata nei giorni a seguire, fino ad arrivare al momento in cui le incertezze sono ridotte al minimo e si può così sciogliere la prognosi. Le previsioni a lungo termine sono come una catena di montaggio: se un utente desidera conoscere che tempo potrebbe fare tra una settimana, deve seguirne tutte le fasi. Ci sono poi casi ancor più particolari, come per esempio quando il meteorologo deve valutare se una nevicata si può verificare anche in pianura oppure no: in questo caso, spesso diventa difficile sciogliere la prognosi anche se la previsione è per l’indomani. L’invito che faccio spesso è quello di lasciar perdere le previsioni a dieci o più giorni che annunciano ondate di gelo, nevicate e sciabolate varie: è solo un modo per catturare accessi e per svilire la meteorologia. Ricordiamoci poi che, se per caso previsioni del genere dovessero andare in porto – e qualche volta potrà anche capitare perché prima o poi anche nel gioco delle freccette si fa centro – è vero che anche le lancette di un orologio rotto segnano l’ora esatta due volte al giorno.

Non pensi che le previsioni a lungo termine possano per esempio danneggiare il comparto turistico?

Come ho appena detto, tutto dipende da come queste previsioni vengono comunicate. Faccio un esempio: se tra sette giorni è Pasqua, io utente dovrei sapere che una previsione a 7 giorni riferita alla località dove andrò in vacanza ha attendibilità nulla. Di conseguenza la previsione di “pioggia” che magari sette giorni prima leggo nella mia app meteo installata dal cellulare ha valenza zero e non ha senso disdire una prenotazione solo perché un’icona automatica mi dice che tra sette giorni pioveranno 8.1 millimetri di pioggia tra le ore 15 e le ore 16. Questa non è meteorologia! L’approccio corretto, invece, è quello di informarsi sulle condizioni meteorologiche che potrebbero indicativamente verificarsi, ma senza pretendere di conoscere ancora i dettagli perché a questa distanza non è possibile ancora fornirli in modo attendibile. Bisogna quindi aggiornarsi giorno dopo giorno. È normale che chi parte per una vacanza o un ponte festivo desideri conoscere in anticipo le condizioni atmosferiche per pianificare al meglio le giornate, ma nel fare questo bisogna imparare un uso corretto della previsione meteorologica: se si impara questo, credo che ne possa trarre giovamento anche il comparto turistico.

In Italia la meteorologia in TV è sempre più relegata a spazi molto ristretti. Cosa faresti se ti dessero carta bianca su un progetto di divulgazione scientifica per il grande pubblico?

Entriamo nel mondo dei sogni. E allora sognando vi dico che sarebbe un impegno molto stimolante in cui metterei tutto me stesso, partendo dal costruire una squadra di persone professioniste, appassionate del proprio lavoro e affiatate. Credo che la TV di oggi si sia un po’ persa in quello che dovrebbe essere il suo ruolo più importante: educare. Nel campo delle scienze atmosferiche ci sarebbe davvero tanto da comunicare partendo dalla stessa previsione del tempo, per esempio. In una società che corre, presi come siamo dalla frenesia, perché non fermarsi un attimo per ascoltare anche il perché di una previsione, invece di accontentarsi solo di sapere se si deve uscire con l’ombrello? Non è una perdita di tempo come i più sono portati a pensare, perché ascoltare una spiegazione su come si sviluppano alcuni casi critici di maltempo, quando capita, porta l’utente a rendersi conto del reale rischio che si può correre in queste situazioni così particolari: penso per esempio a quanto è accaduto il 29 ottobre scorso, quando l’Italia è stata sferzata da venti così intensi da raggiungere raffiche aventi intensità di uragano a causa del passaggio di un ciclone mediterraneo. La previsione del tempo va quindi a braccetto con la prevenzione ed è legata alle norme di auto protezione. Quanti di noi sanno quali sono per esempio gli accorgimenti da adottare nel caso in cui viene emessa un’allerta gialla, arancione o rossa dalla Protezione Civile? Quanti di noi sanno come bisogna comportarsi in caso di temporale o di un’alluvione? Quanti di noi sanno se la zona in cui abitano è a rischio idro-geologico? Ecco, questi sarebbero validissimi argomenti da trattare per fare servizio pubblico, al pari di altri argomenti come il clima e il “cambiamento climatico”. Alla fine uno spegnerebbe la TV e dovrebbe sentirsi soddisfatto per aver imparato qualcosa di nuovo.

Parliamo di fenomeni estremi: stiamo arrivando al punto di non ritorno sulla distruzione del Pianeta? Credi ci siano azioni concrete che possono evitare la catastrofe?

Il Pianeta vivrebbe anche senza l’uomo. Il problema è quindi mantenere il suo stato in modo tale che sia permesso lo sviluppo della vita per come lo conosciamo. Non ci sono dubbi sul fatto che negli ultimi 40 anni il clima della Terra abbia subìto un netto riscaldamento a causa del forte aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera: ridurre le emissioni inquinanti non è quindi un obiettivo da porsi solo per evitare che questo riscaldamento prosegua innescando cambiamenti, peraltro già in atto, anche nello stato del tempo come l’aumento dei fenomeni estremi; ma è prima di tutto un impegno per rispettare l’ambiente e la nostra salute. La Terra è la nostra casa e non ne abbiamo una di riserva: una volta distrutta, la casa rimane lì diroccata ma non possiamo più abitarla.

Chiudiamo con una curiosità: c’è stata una tua previsione meteo che sembrava assurda sia in termini di distanza temporale e sia di fenomeno e che si è invece verificata?

No, per il momento no. Però mi ha un po’ sorpreso un caso alla fine del 2016. Era il 29 dicembre e volendo dare un’occhiata alla linea di tendenza a poco più di una settimana, valida per l’Epifania, notai che tutto sommato per quel periodo l’attendibilità della previsione era abbastanza buona e di conseguenza si sarebbe potuto affermare che le temperature avrebbero oscillato attorno alle medie del periodo senza commettere grossi errori di valutazione: non c’era infatti nessun segnale che dimostrasse che quella previsione fosse soggetta a una grande incertezza. Due giorni dopo, il 31 dicembre, la previsione iniziò a cambiare e a proporre di giorno in giorno scenari sempre più freddi. Il 2 gennaio si poteva già sciogliere la prognosi e affermare che dall’Epifania sarebbe arrivata sull’Italia un’ondata di gelo. Siamo cioè passati da una previsione di “temperature oscillanti attorno alla media del periodo” a “temperature inferiori alle medie del periodo di 10-15 °C”. Questo esempio dimostra che possono capitare casi in cui una previsione a circa una settimana ritenuta affidabile perché non mostrava evidenti segni di incertezza può non essere affidabile. La prudenza nell’elaborare una previsione, quindi, non è mai troppa.

Una promessa: tornerai a concederci interviste o collaborazioni per divulgare la buona meteorologia?

Nei limiti di tempo a disposizione, volentieri: per la buona meteorologia non mi tiro mai indietro.

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