Per Alessandro Squarzi la vita è una questione di stile. E la passione, che spazia tra automobili, orologi e abbigliamento, è una delle chiavi del suo successo come imprenditore. Oggi, egli è un influencer con più di 200.000 seguaci su Instagram, un vintage collector e uno stilista affermato. Inoltre, Squarzi è uno degli uomini più fotografati dai blogger del mondo, caratterizzato da uno stile molto versatile e a cavallo tra essenziale e ricercato, con un occhio esperto sul vintage, ovvero qualsiasi oggetto che abbia una storia da raccontare.
La sua scalata nella moda inizia nei primi anni 2000, durante i quali si occupa di consulenza e consolidazione di brand diventati, in poco tempo, colossi del settore (come Dondup). La consacrazione giunge tra il 2011 e il 2013, anni in cui nascono Fortela e AS65. Nella classifica di Esquire UK nel 2017 si è piazzato al primo posto nella lista “The 40 Best-Dressed Men in the World”.
Buongiorno, Squarzi. Grazie per il tempo che ha voluto dedicarci. Le duole vedere Milano che fino a un paio di mesi fa era la colonna portante dell’industria italiana e oggi è in ginocchio?
A chi non duole vedere in queste condizioni la nostra Italia e soprattutto Milano, che fino ad alcuni mesi fa era il fiore all’occhiello dell’Europa? Per quanto mi riguarda, nessuno riuscirà a convincermi che questo non sia un disegno per mettere in ginocchio l’industria italiana.
È preoccupato per il futuro della moda italiana? L’export del made in Italy è un vanto italiano e una risorsa.
Io sono preoccupato in particolare per i piccoli gruppi della moda italiana, che dovranno combattere con questa chiusura e con la mancanza di denaro che ne conseguirà. Purtroppo temo che molti di noi probabilmente non ce la faranno a riaprire.
Un imprenditore di razza come lei che speranze nutre per l’avvenire post Covid-19?
Spero che molti di noi riescano a rifarsi da questa bruttissima batosta. Andremo sicuramente incontro a momenti difficili; ciò che mi auguro, se fossimo intelligenti nel leggere quanto è successo, è un ritorno a quello che è il concetto di moda “giusta”. Basta voler sempre anticipare e basta con questa rincorsa forzata alla novità: bisogna tornare alle stagioni giuste. A luglio nei negozi si vendano i bermuda e non i cappotti di cashmere: questi si vendano ad ottobre.
Ripercorriamo insieme alcuni passi della sua storia: com’è iniziata la sua ascesa nel mondo della moda?
La mia maturità è iniziata sicuramente nel 2000, quando da agente sono passato a capire e ad avvicinarmi alla parte produttiva.
Proprio nei primi anni 2000 è arrivato Dondup. Potremmo sostenere che si è trattato di una svolta per la sua carriera?
Assolutamente sì.
Oggi il suo cavallo di battaglia, oltre alla passione per il vintage, è Fortela. Ci racconta, in breve, la sua origine?
Fortela nasce da quelle che sono la mia cultura, le mie passioni ed il mio DNA; non riuscivo a trovare qualcuno che proponesse un prodotto di qualità e di cultura, solo prodotti per la grande massa e con poca qualità.
Fortela invece è un prodotto per l’uomo con grandissima cultura, che non ha bisogno di girare con targhe o con identificativi; sono capi iconici del guardaroba maschile, senza tempo e pensati per non passare mai di moda. Non solo eleganza per le grandi occasioni: sono emblemi che rimangono nell’armadio come investimenti, per puntare sul futuro e per poterli indossare in qualsiasi contesto, perché indossandoli ti fanno sentire bene.
È corretto affermare che Fortela è al tempo stesso essenzialità e ricercatezza nei dettagli?
Assolutamente sì, essenzialità e ricercatezza sono i caposaldi di quello che è il DNA di Fortela. I materiali usati sono in prevalenza tessuti giapponesi, anche se ultimamente abbiamo anche stretto importanti partnership con storici produttori italiani, che stanno lavorando in esclusiva per noi.
L’avvento dei social network ha rivoluzionato la comunicazione e la velocità della società odierna. Lei è assai apprezzato dal pubblico; le piace il termine influencer? Che influenza pensa di poter trasmettere?
Io credo di essere riconosciuto come influencer, anche se non è la mia finalità. Il mio Instagram è una finestra aperta nella mia vita, una finestra da cui trasmetto il mio lifestyle e la passione per quello che faccio e per quello che mi piace. Noto con molto piacere che ho molti seguaci che prendono spunto da quello che è il mio modo di essere. La cosa bella è che non c’è nulla di costruito, è tutto molto spontaneo e onesto.
Come definisce il suo stile?
Il mio stile è il famoso gipsy classic, un modo di essere che non tramonterà mai e col quale non sarai mai fuori luogo: è una forma di contaminazione in cui mixo capi vintage, gioielli navajo e radici classiche. Sono culture diverse, che io apprezzo e in cui mi riconosco, che si mescolano.
Scott Schuman, suo amico e noto fotografo, è stato importante per la sua consacrazione? Schuman ha creato “The Sartorialist”, forse il più importante blog dei giorni d’oggi, e ha pubblicato più volte all’inizio alcuni suoi ritratti.
Questo è un altro caso in cui si evince la mia spontaneità ed il mio modo di comportarmi. Al tempo della prima foto che Scott mi scattò e che pubblicò poi sulla sua piattaforma, io non sapevo chi egli fosse. Da quel primo scatto è nato spontaneamente un rapporto molto bello e vero, che oggi sono felice di poter definire di grande amicizia.
Se qualcuno leggerà le nostre parole e, ispirato da esse, vorrà intraprendere un percorso simile al suo nel mondo della moda, quali consigli si sente in dovere di offrirgli?
Quelli che dico sempre: ognuno di noi è possessore di talenti, bisogna saperli esternare e fare il lavoro con estrema passione e amore. Di conseguenza, i risultati arrivano.
Squarzi, mi consenta di concludere il nostro scambio con una domanda più personale. Se potesse tornare indietro nel tempo, c’è qualcosa che ha compiuto e non rifarebbe?
Assolutamente no, sono felice di tutto quello che ho fatto. La caratteristica più bella è che sono sempre in continua evoluzione e, soprattutto, sempre pronto ad imparare.