Keir Starmer ha vinto le primarie con il 57% dei voti, davanti alla principale sfidante Rebecca Long Bailey, molto vicina al leader uscente Jeremy Corbyn, fermatasi al 27%, e a Lisa Nandy che ha ottenuto solamente il 16% delle preferenze. Un plebiscito che lascia ben sperare l’inizio di una nuova era per i laburisti.
Un volto nuovo con un’esperienza politica relativamente breve con la necessità di rivitalizzare un partito ormai incapace di vincere. È Sir Keir Starmer il nuovo Leader dell’Opposizione, che nel Regno Unito ha una valenza costituzionale. Infatti il Leader dell’Opposizione è il membro del Parlamento che guida l’opposizione ufficiale nel Paese. È rappresentato dal leader del principale partito politico che non è al governo, solitamente il secondo partito più rappresentato alla Camera dei Comuni. Inoltre, è considerato il primo ministro alternativo: il capo del Gabinetto ombra e un membro del Consiglio privato. Questa funzione fu creata nel marzo 1807 e formalizzata nel luglio 1937.
Nel 2008 Starmer è stato nominato Procuratore Generale, incarico ricoperto fino al 2013, guadagnandosi il titolo di “Sir”. È stato eletto per la prima volta in Parlamento nel 2015 nel collegio “blindato” di Holborn and St Pancras di Londra, esattamente dove si trova il British Museum. Anno in cui è stato persino uno dei nomi più accreditati per la leadership, ma Starmer preferì appoggiare Andy Burnham, il rivale nettamente sconfitto da Jeremy Corbyn. In quell’occasione Corbyn conquistò il 59% dei voti, Burnham invece si fermò sotto il 20%. In Parlamento, dunque, Starmer ha creato intorno a sé il consenso per una potenziale futura leadership, sfruttando anche il ruolo di Ministro ombra per la Brexit e portando avanti posizioni europeiste non propriamente allineate alla guida di Corbyn. È stato confermato nelle ultime General Election del 2019 con un risultato importante, il 64,5% dei voti, elezioni che sono state deludenti per il Labour.
Il neo-leader del Labour Party ha un percorso da predestinato: il suo nome di battesimo è in onore al padre politico del partito laburista Keir Hardie, operaio, giornalista, segretario del sindacato minerario scozzese nel lontano 1906. Laureato a Oxford e figlio della working class, Starmer è diventato avvocato e co-presidente del più importante studio legale per i diritti umani di Londra. Carriera da avvocato legata al sostegno dato, gratuitamente, a lavoratori, sindacalisti e immigrati. E’ Director of Public Prosecutions (DPP) e Head of the Crown Prosecution Service (CPS) dal 2008 al 2013. Appartiene all’ala della “soft left” laburista, più a sinistra del blairismo riformista ma non irresponsabilmente rivoluzionaria come il corbynismo. Infatti non ha mai rinnegato battaglie dal valore politico, comprese quelle ambientaliste. Un modo per ribadire la radice di sinistra è il rifiuto dell’etichetta di “Sir”, nonostante sia arrivata nel 2014 per “servizi alla legge e alla giustizia penale”. Il compito di Starmer è prima di tutto ricreare uno spirito unitario nel partito, guadagnandosi la fiducia dell’ala più centrista.
Si chiude così l’era del Corbynismo durata cinque anni ma segnata da grandi fallimenti del Partito Laburista. Due elezioni perse, la prima contro Theresa May e le ultime a fine del 2019 contro l’attuale Primo Ministro Boris Johnson. Numerosi sono gli errori commessi dall’ex 70enne leader laburista che hanno segnato i fallimenti della sinistra britannica: in primis, le ambizioni su una transizione socialista del Paese tramite il rafforzamento del welfare state, l’aumento della spesa pubblica, la ri-nazionalizzazione di alcuni servizi di base, come il trasporto pubblico, la costruzione di case per far scoppiare la bolla della speculazione edilizia e l’introduzione di nuove tutele per i lavoratori. Essere incapace di risolvere il dilemma della Brexit: se è pure vero che un terzo degli elettori laburisti abbia votato per il Leave, bisogna anche evidenziare che l’ex leader laburista non si è battuto abbastanza per dare un indirizzo politico durante la campagna referendaria per la Brexit e successivamente ha rifiutato la chance di formare un governo di unità nazionale anti-Brexit pretendendo di esserne il premier. Oltre a questi aggiungiamo anche l’incapacità di affrontare le accuse di antisemitismo, inimmaginabili in un moderno partito di sinistra occidentale. Il suo radicalismo, portato avanti per decenni e mai rinnegato, aveva creato l’illusione di un ritorno alla capacità di intercettare consensi di massa. Ma nonostante gli iniziali entusiasmi per la sua leadership, c’è stato un durissimo scontro con le realtà.
Ora Starmer è chiamato a compiere un miracolo: non finire nella galleria dei leader sconfitti e cestinati. Maledizione politica che ha colpito negli ultimi anni molti leader dei Labour. Ad iniziare dal 2010 di Gordon Brown che aveva sostituito Blair come premier, i due fratelli Miliband, Ed e David, si sono scontrati alle primarie nella quale prevalse Ed Miliband, che assumendo la guida del partito ha posto fine alle ambizioni del fratello visto come l’erede di Blair. Ma il duro ko alle elezioni del 2015 ha sancito però la fine di Ed Miliband, spalancando le porte alla Corbynismo.