Roma è meno sola adesso a premere per l’adozione degli Eurobond (meccanismo solidale per la distribuzione del debito pubblico), strumenti diversi rispetto a quelli previsti dal fondo salva-stati (MES), i primi infatti permettono maggior flessibilità e una distribuzione del debito “solidale” tra tutti gli Stati membri dell’UE. Uno dei maggiori sostenitori al momento è il premier spagnolo Pedro Sanchez mentre la Germania sarebbe poco incline alla loro adozione.
Quest’ultima infatti, grazie al sostegno degli stati dei Paesi Bassi ha deciso di far muro contro “l’asse” Roma-Madrid, i quali invece insistono sull’opzione fondo salva-Stati. La paura della Germania scaturirebbe da retaggi storici causati da una forte inflazione che attraversò la Repubblica di Weimar. Il timore si sta accentuando nelle ore poiché un panel di economisti del Governo tedesco secondo Politico (quotidiano americano) avrebbe affermato che la Germania sarà inevitabilmente investita dalla recessione e questo di certo non aiuterà il dialogo.
L’Italia, in queste settimane, assieme agli altri membri ha rimesso alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyer la riformulazione di una proposta alternativa. La von der Leyer si è mostrata aperta alla possibilità dei “Coronabond”, così soprannominati. Secondo Bruxelles queste sarebbero delle emissioni di debito a tripla A (classificati dal rating internazionale come “massima sicurezza del capitale”) garantiti e comuni, i quali rassicurerebbero i mercati.
I Coronabond però incontrerebbero due limiti oggettivi: il primo sarebbe rappresentato dall’articolo 125 del Trattato di Lisbona che preclude la possibilità per uno Stato di accollarsi il debito di un altro Stato membro. Questa rappresenterebbe la cosiddetta “clausola di non salvataggio”che dovrebbe essere revisionata o comunque by-passata. Il secondo limite invece è rappresentato dalla ratifica unanime da parte di tutti gli Stati membri dell’eventuale revisione, ultimo step di certo non poco insidioso.