Appena giunto a Roma, il diciottenne Gabriele D’Annunzio descriveva così le prime impressioni che ebbe nella Città Eterna: “Era il tempo in cui più torbida ferveva l’operosità dei distruttori e dei costruttori. Insieme con nuvoli di polvere si propagava una specie di follia edificatoria, con un turbine improvviso… fu allora, dappertutto, come un contagio di volgarità. Nel contrasto incessante degli affari, nella furia quasi feroce degli appetiti e delle passioni, nell’esercizio disordinato ed esclusivo delle attività utili, ogni senso estetico, ogni rispetto del passato fu deposto.”
Era il 1881 e invero, per taluni aspetti, il Vate potrebbe tutt’ora scrivere le medesime parole se solo vedesse certe ferite inflitte a storici edifici o certi inconcepibili quanto aberranti abusi edilizi. Certamente la descrizione dannunziana ben ci aiuta ad introdurre quanto ci apprestiamo a trattare nella rubrica di oggi: ll Vittoriano e alcuni aneddoti. Cominciando dalle distruzioni che depongono il passato e di cui rimangono a testimonianza delle fotografie, annoveriamo le demolizioni della torre di Paolo III, del viadotto che la univa al palazzetto Venezia e di una cospicua parte del convento dell’Ara Coeli. Ancora, vi furono numerosi espropri, venne abbattuta la caserma di Santa Caterina da Siena, Palazzo Tiberi e la chiesa di Santa Rita da Cascia che, fortunatamente, fu poi ricostruita altrove.
Le demolizioni seguirono un progetto ben programmato dall’allora presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia, Agostino Depretis. A nulla valsero le numerose voci che si elevarono a protesta, era infatti necessario creare spazio per la costruzione di un’opera dalle proporzioni immense, ca va sans dire, il Vittoriano, ammirabile in piazza Venezia, a Roma, sull’altura settentrionale del colle capitolino. All’inaugurazione, il 4 giugno 1911, Ernesto Nathan, uno dei sindaci più amati dai romani, disse: “La mole imponente sorta sul colle capitolino per l’Altare della Patria non è un monumento solo al re, simboleggia la Terza Italia! E mentre in mezzo al Campidoglio sorge la statua equestre di Marco Aurelio, imperatore vindice del diritto, in quello or ora scoperto troneggia quella del re Galantuomo, vindice della fede nazionale.”
Il Re Galantuomo era Vittorio Emanuele II di Savoia (da cui Vittoriano), primo Re d’Italia dell’epoca moderna. Il Re è noto anche come “Padre della Patria” in quanto il processo di unificazione italiana e la liberazione dalla dominazione straniera sono state portate a compimento proprio da lui.
Vittorio Emanuele II di Savoia è raffigurato in una imponente statua equestre , realizzata con 50 tonnellate di bronzo fuso proveniente da alcuni cannoni del Regio Esercito, collocata su un enorme piedistallo proprio al centro della scena del complesso monumentale. Per avere un’idea della grandezza della statua, realizzata da Chiaradia e terminata da Gallori, basta vedere una foto scattata pochi giorni prima dell’inaugurazione, in cui ben sedici operai seduti a un tavolo banchettano proprio nella pancia del cavallo!Il complesso monumentale con le quadrighe (che simboleggiano L’Unità e la Libertà) raggiunge ben 81 metri di altezza e 135 metri di larghezza. Ai due lati il dolce scrosciare delle acque di due fontane. Quella sul lato sinistro, di Emilio Quadrelli, rappresenta il mar Adriatico. È rivolta ad Oriente, con il Leone di San Marco. La fontana sul lato destro, invece, raffigura il mar Tirreno, è realizzata da Pietro Canonica, con la lupa di Roma e la sirena Partenope. Simbolicamente, la posizione laterale, vuole richiamare i ‘confini’ del monumento alludendo a come i due mari delimitano la nostra penisola. Le colonne rappresentano le Regioni italiane di fine Ottocento che allora erano solo sedici, (oggi le regioni sone venti di cui cinque a statuto speciale nda).
Ad adornarlo anche sei gruppi scultorei che, allegoricamente, rappresentano i valori civili del popolo italiano. Due sono realizzate in bronzo dorato e quattro in marmo botticino, il marmo bresciano che riveste l’intero monumento. I valori sono: la Forza, il Diritto, la Concordia, l’Azione, il Pensiero ed il Sacrificio. Altra curiosità a pochi nota è che durante gli scavi, è stato altresì rinvenuto lo scheletro fossile di un elefante preistorico! Parte del suo scheletro è stato trasferito al Gabinetto geologico dell’università di Roma, la parte rimanente, invece è ancora sotto l’Altare della Patria.
La Mole del Vittoriano è inoltre la sede di diversi musei. Il Museo della Marina e il Museo del Risorgimento, dove si possono anche vedere lo stivale forato e la pallottola di carabina che ferì Garibaldi in Aspromonte, la pistola di Nino Bixio, generale, politico e patriota italiano.
Il Vittoriano rimane soprattutto il monumento che onora il milite ignoto. L’idea, presa poi a modello anche all’estero, fu del colonnello Giulio Douhet.
Il Ministero della guerra affidò a una commissione il compito di raccogliere sui campi di battaglia, sei salme di identificazione impossibile. Percorrendo i luoghi dove si era combattuta la Grande Guerra, dalle foci del Piave al Montello, dal Carso agli Altipiani, furono presi i valenti soldati che dormivano il sonno eterno. Maria Bergamas di Trieste, stringendo tra le mani un fiore bianco che avrebbe dovuto gettare sulla bara prescelta, sceglie una bara sulla quale getta però il suo scialle nero. Il gesto è ancora più simbolico, quel tessuto nero che avvolge, abbraccia la fredda bara è intriso di dolore. Il dolore di una madre che rappresenta quello di tutti quelle madri e padri che non hanno più potuto abbracciare i loro figli, mai tornati dal fronte bellico. Un lutto profondo e senza consolazione.
Sotto la statua della Dea Roma, la salma fu tumulata il 4 novembre 1921, con cerimonia solenne e con la sentita partecipazione di oltre un milione di persone. Fu un momento di ritrovato spirito patriottico, dopo il termine della sanguinosa prima guerra mondiale. Sul frontone della Basilica di Santa Maria degli Angeli si legge: “Ignoto il nome/ folgora il suo spirito, dovunque è l’Italia; 7 con voce di pianto e d’orgoglio 7 dicono innumeri madri: / è mio figlio”. E da allora il 4 novembre venne dichiarato per legge festa nazionale.