7 marzo 1944. Il bombardamento di Segni

“Ed oggi corre come un brivido nelle ossa e un pugno di gelo serra il cuore  e danza negli occhi neri un lampo”

Fernanda Spigone, “7 marzo 1944-1994” 

Segni (RM). 07/03/1944. Ore 14:20

Il rombo dei cacciabombardieri spezza la calma apparente di una giornata come un’altra. Le fortezze volanti attaccano in picchiata. Chi non si trova in casa cerca un rifugio di fortuna. Poi, il terrore trapassa la carne viva e si innesta nelle ossa. Intere esistenze di donne e uomini vengono cancellate nell’arco di pochi minuti.

Sono passati 76 anni dal bombardamento di Segni, ma i frutti amari di quello scempio che fu la Seconda guerra mondiale possiamo ancora raccoglierli e forse comprenderli. A morire sotto le bombe sganciate dai Kittyhawk della Royal Air Force (RAF), in quel giorno a cavallo tra l’inverno e la primavera del ’44, sono 132 civili inermi. Tra di loro si trovano diversi sfollati e rifugiati provenienti da Colleferro.

L’armistizio e il conflitto sulla linea Gustav

Siamo nel settembre del 1943. A seguito dell’armistizio di Cassabile le truppe della Wehrmacht prendono il controllo di una parte della penisola italiana. Nelle campagne e nelle strade del territorio laziale si assiste alla processione laica di soldati e ufficiali del moribondo esercito italiano. Entro l’autunno del ’43 l’Italia è divisa in due: da una parte la Monarchia e dall’altra la Repubblica Sociale Italiana guidata da Benito Mussolini, ma di fatto concepita da Adolf Hitler.

Dopo lo sbarco di un contingente alleato a Salerno nei primi di settembre i tedeschi si sono organizzati per bloccare l’offensiva alleata sulla linea Gustav. Il basso Lazio è diventato così un cruciale quanto sanguinoso teatro di guerra

Un paese sicuro

Segni, lontana dalle vie di comunicazione e priva di reali obiettivi strategici, viene considerata un luogo sicuro dove proteggersi dalle minacce di eventuali incursioni aeree. Per molti abitanti della valle del Sacco la scelta di trasferirsi nel centro montano appare come una scelta logica. Nella zona è Colleferro ad essere diventata uno dei principali obiettivi militari vista la sua prossimità alla via Casilina e alla presenza dello scalo ferroviario. È poi lì che si trova la fabbrica della Bombrini Parodi Delfino dove si producono armi e polvere da sparo. 

Perché, allora, il dramma della guerra si abbatte con tale ferocia su Segni, consegnando alla storia locale un’impietosa pila di morti e macerie? 

L’occupazione tedesca 

L’arrivo dei tedeschi a Segni è collocabile intorno alla metà dell’ottobre del 1943. Il paese diventa in quei giorni un punto di smistamento delle truppe impegnate nel conflitto sulla linea Gustav e sulla linea Hitler (divenuta poi linea Senger). Protagonisti dell’occupazione sono il XIV Panzerkorps e la 94° divisione Panzergrenadier del fronte di Cassino. In questo periodo, diversi edifici vengono requisiti per l’alloggiamento dei soldati e il 12 dicembre la divisione Hermann Göring, impegnata nell’addestramento, si stabilisce nel seminario vescovile in piazza San Pietro. 

Valeriano Valenzi, storico locale segnino e testimone oculare, ricorda così la presenza dei soldati tedeschi:

Al mattino squadre di giovani tedeschi marciavano per il corso Vittorio Emanuele al passo cadenzato dei loro canti marziali. Sul far del mezzogiorno le loro cucine erano attorniate da ragazzi e da povera gente in cerca di qualcosa per sfamarsi.” 

Nel frattempo, Segni si popola di un numero crescente di sfollati. Ma nessun luogo è vergine agli occhi della guerra: il 27 novembre del 1943 cade una bomba in piazza Persichilli. L’ordigno colpisce uno stabile ospitante diverse famiglie sfollate provenienti da Colleferro. I morti sono 15. L’evento lascia nella popolazione il presagio e la consapevolezza che è impossibile nascondersi dalla cieca follia del conflitto. Il bombardamento di novembre è infatti solo il preludio di un’altra tragedia destinata a segnare la comunità segnina. 

Il bombardamento del 7 marzo 1944

È il pomeriggio del 6 marzo 1944 quando, a Segni, arriva una colonna corazzata della Wehrmacht. Il corso Vittorio Emanuele e l’odierna via Roccamassima vengono occupati dai carri armati. In piazza Santa Lucia le truppe del Reich occupano una casa e sul terrazzo stabiliscono una postazione di avvistamento.  

La mattina successiva la colonna tedesca lascia il paese. Poche ore dopo, intorno alle 14.20, Segni viene bombardata da cacciabombardieri leggeri, i Kittyhawk. Delle 33 bombe sganciate diverse cadono in piazza Santa Lucia. La chiesa del VII secolo che prende il nome della santa è rasa al suolo. Vengono pesantemente colpite anche le zone di San Pietro e il bar di Olivo (che si trovava sul corso Vittorio Emanuele).

Secondo le ricostruzioni di Valeriano Valenzi e Stefano Biancone, autori del libro “Obiettivo Segni”, le bombe dovevano colpire un target nella vicina località di Artena, dove si trovava il LXXVI Panzerkorps. A causa di una perturbazione che limitava la visibilità, gli apparecchi della RAF virarono però su Segni per liberarsi del carico. Probabilmente avevano individuato come obiettivo occasionale (targets of opportunity) la colonna corazzata della Wehrmacht, che però non era più in paese. Nessun tedesco venne ucciso nell’incursione. 

Nel libro “Segni. Dall’armistizio alla liberazione”, Bruno Navarra ricorda i giorni strazianti che seguirono il bombardamento. Giorni caratterizzati da disperazione e morte, ma anche da solidarietà e voglia di ricostruire.

Ricordare oggi 

I ricordi di chi ha vissuto la tragedia del bombardamento del 7 marzo sono ancora vividi. Il dolore causato da quell’esperienza non sempre superato. Recuperare i frammenti di quelle memorie significa ridare dignità a questo dolore.

Ci sono testimoni in vita. Ascoltiamoli. L’empatia è un motore stupefacente e se ad attivarlo sono le persone a noi più prossime, quelle appartenenti alla nostra comunità, forse diventa meno difficile comprendere il trauma di chi, ancora oggi, è costretto a vivere l’esperienza pietosa e avvilente della guerra

4 Commenti

  1. Sono nato a Segni nel 1948.ma in quei giorni la mia famiglia c’era..Papa’ Alessio (1908-1970)Mamma Annunziata(1913-1980)mia Sorella Antonia(1934-2019)Mia sorella Ines(1939-1944)mia sorella Maria Pia(1943-1975)..Sono tutti seppelliti al Cimitero di Segni…Abitavano a San pietro…………Una preghiera per tutte le vittime innocenti della guerra…

  2. Le vecchie zie raccontavano spesso che mio padre che all’epoca era un bimbo, si era smarrito durante i bombardamenti di Piazza Persichilli,nel trambusto credevano di averlo perso….

  3. Anna Panetta Nata a Segni 1943;
    Mia madre mi raccontava sempre che durante i bombardamenti diSegni lei correva con me in braccio per un riparo .

  4. Credo che la mia bisnonna Filomena, mia nonna Matilde Sodani (coniugata Turriziani) e mia zia Maria Antonietta morirono il 27 novembre 1943 nello stabile distrutto da una singola bomba in piazza Persichilli. Mia madre, fortuitamente scampata alla morte, mi racconta che la bomba colpì un solo palazzo situato fra due altri palazzi proprio all’ingresso di Segni. Qualcuno può confermare la mia ricostruzione e fornirmi altre notizie?

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