Tagliano i parlamentari, ma la democrazia ha (anche) un costo

Il taglio dal palazzo è ormai fatto, va solo confermato dal popolo che deciderà il prossimo 29 Marzo. La parola ai cittadini, per tagliare, in sostanza, la propria rappresentanza.

È il referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari, battaglia epocale dell’antipolitica al governo, a cui la politica, quella istituzionale e non, ha dato seguito. 

I deputati e senatori della legislatura che verrà, quando sarà, potrebbero avere scranni più larghi. Posti più comodi. La riforma riduce da 630 a 400 i deputati, e da 315 a 200 i senatori. Potrebbe essere questo il futuro. E dunque, sulla scia di una moda, ormai diffusa negli ultimi anni, il fattore numerico facilmente riscontrabile ed appetibile alla pubblica opinione, avrebbe la meglio anche nei due emicicli del Parlamento. Quest’ultimo, in verità, arriva in ritardo. Erano stati i parlamentini regionali ad essere ritoccati, sempre numericamente, già nel 2012. Si era passati dai quasi 1.100 consiglieri regionali sino ai 890 attuali. E le intoccabili, in questo sistema continuo di riduzioni, sono ovviamente alcune regioni a statuto speciale.

Era toccato poi, quale conseguenza della presunta, ma mai concreta abolizione delle Province voluta da Delrio, anche ai Consigli Provinciali. Abolizione del voto diretto e riduzione drastica del numero di consiglieri ed assessori. Ed ovviamente tutto a costo zero. Zero indennità di carica per i nuovi consiglieri provinciali, ma solo tanto spirito di servizio. Una riduzione numerica variabile in funzione del numero degli abitanti:16 consiglieri nelle province con più di 700.000 abitanti, 12 consiglieri nelle province da 300.000 a 700.000 abitanti e 10 consiglieri nelle province con meno di 300.000 abitanti. Prima della riforma, ciascun Consiglio Provinciale nelle province delle regioni a statuto ordinario risultava composto da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti, 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti, 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti e 24 membri nelle altre province. 

E come dimenticare, poi, la temporanea ed azzardata riduzione del numero di consiglieri comunali che ha portato, addirittura, per una legislatura alcuni comuni sotto 3.000 abitanti a ritrovarsi con un consiglio composta da soli 7 consiglieri. Un po’ troppo forse, come la stessa ANCI si ostinava a ripetere. È che, anche se riduzione numerica spesso fa rima con riduzione dei costi, la democrazia e le istituzioni, in verità, un costo ce l’hanno. E, seppur ridotto, non potrà mai essere abolito del tutto. Per fortuna. La tendenza a ridurre i costi della politica, in voga negli ultimi anni tra la pubblica opinione, pone interrogativi sulla concezione che i cittadini hanno della politica e dei politici. Cade il carattere primario di rappresentanza se vince il paradigma del ‘’meno è meglio’’. Cade, è vero. Ma la spinta definitiva gliel’ha data la politica. Ed anche l’antipolitica al governo. Evidentemente. 

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