C’è una filosofia – nel senso comune del termine – che costituisce il ritornello dell’Italia di oggi: la filosofia del “basta che se ne parli”. Tutti possono fare tutto, ovvero trasgredire le regole in ogni maniera senza una verve artisticamente originale, ribaltare le consuetudini consolidate e stravolgere le tradizioni. Bisogna solo gridare che “ciò che era non può più essere”, che “io faccio come mi pare” per ricevere l’onorificenza poco onorevole di genio. In barba alla lingua, in base alla quale genio ha in sé la radice latina di genus, che significava proprio “tradizione, stirpe”. Ossia, ciò che si vuole distruggere.
Achille Lauro a Sanremo ha fatto molto discutere; se egli avesse creato davvero qualcosa di nuovo, gliene avremmo reso merito. Il problema è che David Bowie (coi suoi alter ego) è già esistito, così come già Freddie Mercury aveva deciso di essere una regina con i baffi arricciati, e anche Renato Zero aveva rappresentato la trasgressione sul palco dell’Ariston, in tempi assai più difficili per sdoganare i costumi. E alla stregua di Lauro, tanti altri che meno di recente si sono omaggiati di protagonismi non dovuti. O meglio, erroneamente supposti in base alla sola popolarità. Lì sta l’inganno: la popolarità, oggigiorno, rende leciti comportamenti e travestimenti.