Si spengono i riflettori sul Festival di Sanremo, si riaccendono lentamente fioche luci sul mondo della politica, rimasto all’apparenza in penombra e vivacemente coinvolto nel dibattito sulla celebre manifestazione canora, quest’anno incentrata totalmente sulla figura della donna, sull’importanza che la stessa riveste nella realtà contemporanea e sulle gravi discriminazioni che minacciano la parità di genere.
Pronti, partenza, via. Da un lato il monologo della giornalista Rula Jebreal che ha unito più o meno tutti – la legione di imbecilli predetta da Eco e creata inconsciamente dalle svariate piattaforme virtuali non ha esitato a mostrare al Paese il suo lato peggiore – dall’altro la trasgressione che ha caratterizzato la kermesse sanremese, capace di scatenare dure reazioni dal centrodestra, nella fattispecie quelle relative alla corrente sovranista.
Mentiremmo spudoratamente se dicessimo che Achille Lauro si sia presentato sul palco dell’Ariston in maniera sobria (ma soprattutto originale); in fondo la Rai in passato ha avuto modo di ospitare le storiche performance di Renato Zero, personaggio istrionico ed accattivante tuttavia ben diverso dallo stesso Lauro, autore di uno show irruente, abile nel generare migliaia di interazioni social e sponsorizzare uno stile alquanto stravagante.
Una provocazione che non è andata giù a Maurizio Gasparri, che sul suo profilo Twitter ha paragonato il cantante romano (ma nativo di Verona) alla spazzatura (stesso trattamento riservato a Junior Cally), minacciando addirittura la denuncia.
A rincarare la dose è il senatore leghista Simone Pillon il quale pubblica su Facebook una riflessione condita da parole piuttosto forti, che tira in ballo anche altri protagonisti del festival: “Dunque ricapitoliamo: Benigni ci spiega che un libro della Bibbia esalterebbe (a suo dire) l’amore omoerotico; Fiorello si dà una pomiciatina con Tiziano Ferro per fare la pace dopo il litigio (devo ricordarmi di non litigare mai con nessuno dei due), Lauro si presenta in nude look e nel gran finale si dà una pomiciata col suo barbuto chitarrista… Dimenticato niente? Dopo questa indigestione arcobaleno, per l’anno prossimo dovremo introdurre al festival le quote azzurro-rosa, così, tanto per evitare discriminazioni“.
Un post infelice che ha attirato l’attenzione di pagine satiriche – un caro saluto ai Socialisti Gaudenti – e utenti comuni che hanno definito lo stesso Pillon “una persona meschina e senza cultura alcuna”.
Ma a proposito di Benigni. L’attore toscano, che prima di enunciare il significato del Cantico dei Cantici ha lanciato una frecciatina a Matteo Salvini, è stato preso di mira dall’irriducibile Gasparri, ancora lui. “A #Sanremo2020 ben 300.000 € al compagno #Benigni per la replica della replica #ebbasta”, twitta polemicamente il senatore di Forza Italia, al quale risponde un titanico Luca Bottura (giornalista e scrittore): “Buonasera senatore. Lei è in Parlamento dal ’92. Facendo due conti, ho contribuito a versarle quasi sei milioni di euro netti. Ma penso sia giusto, perché lei è stato eletto. Siccome la Rai ha come editore il Parlamento, tra l’altro, Benigni l’ha chiamato lei. Grazie di cuore”. 90 minuti di applausi.
Ma la vera sorpresa arriva dalla maggioranza, ove vige paradossalmente la serenità. Il Partito Democratico, dal canto suo, ha preferito assumere le sembianze di un contenitore multimediale. Giusta la scelta di condividere foto, video e messaggi sul tema dei diritti civili, in modo tale da poter rafforzare il legame con il proprio elettorato e fidelizzare gli scettici: “Tiziano Ferro ha portato sul palco dell’Ariston la prima dedica di un uomo ad un altro uomo, al suo compagno, a suo marito. Un gesto bellissimo che spezza un tabù, rompe gli stereotipi e fa capire una cosa meravigliosa: che l’amore non ha confini”.
Dunque, in attesa che le luci dei riflettori tornino ad illuminare i dibattiti televisivi o tenaci interviste al citofono, possiamo evidenziare come sia del tutto impossibile tagliare quel filo diretto che unisce Sanremo e la politica italiana (“c’è del filismo, del sanremismo direbbe Fiorello), universi accomunati dalla polemica costante, per i quali il ritornello della canzone vincitrice firmata da Diodato calza a pennello: “Ma fai rumore sì, che non lo posso sopportare questo silenzio innaturale tra me e te”.