“Ho portato a termine il mio compito”. Con queste parole Luigi Di Maio lascia la guida del Movimento 5 Stelle. Ciò che era stato ipotizzato nei giorni scorsi (https://www.lanternaweb.it/la-fine-del-movimento-5-stelle/) è stato ufficializzato in mattinata, durante il corso di una riunione privata tra i ministri pentastellati a Palazzo Chigi, e reso pubblico alle ore 18:00 durante l’incontro pubblico, presso il Tempio di Adriano, con i facilitatori regionali e nazionali.
Un passo indietro figlio di una gestione che non è piaciuta – specialmente negli ultimi tempi – alla base del M5S, oltre che della fuga di parlamentari verso altri lidi e del peso dei risultati negativi in ambito elettorale. Una svolta che potrebbe pesare sulle strategie della maggioranza ma che tuttavia, secondo il presidente del Consiglio Conte, non influirà in alcun modo sulla tenuta del governo.
Si apre, dunque, la fase della reggenza che traghetterà il partito sino agli “Stati Generali” previsti per marzo: si fa il nome di Vito Crimi come detentore provvisorio del potere di un Movimento che sta vivendo la più grande crisi di consensi dal 2009 ad oggi.
Quella crisi che mai ha ostacolato il cammino di Di Maio (perlomeno sino ad ora): entrato in Parlamento nel 2013 a soli 26 anni, segnando il record di vicepresidente della Camera dei Deputati più giovane di sempre, concede il bis con l’elezione a capo politico del M5S nel settembre 2017, ottendendo l’80% circa delle preferenze; le nomine a vicepresidente del Consiglio, Ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e degli Esteri, nell’arco di una “rivoluzione” di governo, sono il frutto di un 33% guadagnato dal partito alle elezioni politiche del 2018, punto di partenza e fine di un leader che si appresta lentamente a lasciare la scena principale della politica nostrana.