Le certezze ai tempi di Fioramonti

Babbo Natale stacca dal lavoro e Fioramonti si dimette. Difficile dire se la scelta di presentare le dimissioni a Natale sia esibizionista o dettata dal desiderio di passare inosservato, anche se qualcuno parla di estrema coerenza: il ministro dell’Istruzione aveva precedentemente dichiarato, in diverse occasioni, che la sua partecipazione agli incarichi di governo si intendeva condizionata dall’ottenere lo stanziamento di almeno tre miliardi di euro, per la scuola e l’università, in quella legge di bilancio che, da mesi, costituisce l’ago della bilancia di ogni mossa politica. 

Qualcuno cade dalle nuvole con lo Sperlari in bocca e l’abbacchio in fase di digestione, ma i più hanno recepito la notizia. Passaparola dopo passaparola, i docenti precari hanno metabolizzato e partorito il frutto più gradito alle fazioni politiche: il panico! Con il decreto sui concorsi in dirittura d’arrivo, le dimissioni del ministro dell’istruzione gettano ragionevolmente il seme del dubbio. Per questo motivo, ecco una serie di punti che riassumono le – poche – certezze su cui, al momento, può contare l’esercito dei precari.

  • Il ministro si è dimesso, tecnicamente, perché la legge di bilancio prevede lo stanziamento di 2 miliardi per il comparto scuola/Università. Fioramonti aveva caldamente consigliato di stanziarne almeno 3, sufficienti per garantire, a suo parere, il ‘galleggiamento’ della attuale situazione del sistema scolastico; certamente non abbastanza, in ogni caso, per un rilancio serio del sistema di istruzione per il quale, occhio e croce, l’ormai ex ministro stimava necessari almeno 24 miliardi).
  • I concorsi in ballo sono due: il concorso straordinario e il concorso ordinario. Dovrebbero essere banditi insieme, ma è ragionevole dubitarne (la macchina amministrativa per avviare anche un solo concorso è notevole e notevolmente costosa; figuriamoci se bisogna farne partire due). 
  • Il concorso straordinario è destinato ad una categoria di docenti in particolare: serve a stabilizzare i cosiddetti ‘precari storici’ della scuola statale, che possono vantare almeno tre anni di servizio in istituzione scolastica statale. È il concorso dei ricorsi, bersagliato dai dottori di ricerca e dai docenti delle scuole paritarie. Cosa si è ottenuto? Finora, si sa che i docenti con tre anni di servizio in paritaria potranno partecipare per ottenere l’abilitazione ed essere stabilizzati, di conseguenza, nelle scuole in cui prestano servizio. Anche i dottori di ricerca potrebbero ottenere l’accesso per i fini abilitanti, esattamente come i docenti di paritaria. In ogni caso, solo i docenti con tre anni di servizio nella scuola statale potranno accedere alla graduatoria finale che vedrà l’assegnazione di uno dei posti a bando. Il concorso prevede una sola prova computer based; si passa, sia per abilitarsi che per essere idonei al concorso di assegnazione posti, con il punteggio minimo di 7/10 (e no, non è professionale protestare perché la sufficienza solitamente è 6/10. Vogliamo o no essere più preparati degli studenti a cui non diamo il debito per l’improvvisa comparsa di un sei venuto dal cielo?)
  • Il concorso ordinario è una prova a ostacoli che richiede lucidità, fermezza, nervi saldi: preselettiva, prima prova su argomenti di disciplina, seconda prova su procedure didattiche e pedagogiche, prova orale. È aperto a tutti, neolaureati e quasipensionati compresi.
  • I posti a bando per i due concorsi sono, in totale, 48000; per la ripartizione effettiva bisogna aspettare almeno il 28 dicembre, la data attesa per la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Chiaramente, le dimissioni di Fioramonti rendono ragionevole chiedersi se si procederà con la pubblicazione, come stabilito. 
  • Ci potrebbero essere delle classi di concorso ‘esaurite’: significa che è inutile mettere a bando dei posti di lavoro che, sostanzialmente, non esistono (non c’è quota 100 che tenga). Ricorrere per questo motivo è, di conseguenza, una spesa inutile e un mal di fegato da evitare.
  • Non si deve dare retta a nessuna voce di corridoio sulla tempistica delle procedure concorsuali: la storia del MIUR è costellata di ritardi (se sia lastricata di buone intenzioni, questo è ancora da stabilire); sono rarissime le situazioni in cui i tempi di avvio dei concorsi sono precisi come un orologio svizzero. Chiedere continuamente quando uscirà il concorso non è sano per nessuno, né per chi chiede né per chi risponde gentilmente che no, non è possibile sapere se a giugno ci saranno delle prove e quindi no, non è possibile essere sicuri di poter prenotare la vacanza in Grecia.
  • Nel dubbio, aspettare il 28 dicembre è bene. Studiare è meglio. Mettersi a discutere sul prossimo ministro dell’istruzione o sulla caratura morale delle dimissioni di Fioramonti, una perdita di tempo che il docente precario medio difficilmente può permettersi.

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