Il Simon Boccanegra di Verdi al Teatro Costanzi: una trionfale apertura di stagione

La nuova stagione del Teatro dell’Opera di Roma si è aperta trionfalmente con il Simon Boccanegradi Giuseppe Verdi: la recita a cui abbiamo assistito, quella di domenica 1 dicembre, è stata accolta con molta generosità dal pubblico, che ha applaudito ininterrottamente per una decina di minuti.

L’entusiasmo del pubblico si è fatto sentire anche prima dell’inizio dello spettacolo, non appena è stato annunciato che l’interprete principale sarebbe stato il baritono Luca Salsi, la cui partecipazione non era prevista per questa recita.

La regia di Richard Jones sposta l’azione da una Genova medievale a una Genova novecentesca e dalla sfumatura metafisica: ne sono un esempio le scene di Antony McDonald che rimandano ai quadri di Giorgio De Chirico. È il caso della scenografia del prologo, che viene poi riproposta identica nel terzo atto come a sancire a livello visivo, venticinque anni dopo l’inizio della storia, la chiusura di un cerchio narrativo e familiare.

Il carattere oniricamente sospeso dell’atmosfera è dato anche da un altro espediente registico: l’enigmatica comparsa all’inizio del prologo e nel finale del terzo atto di una bambina, forse un fantasma che emerge dalla memoria del protagonista e prende le fattezze dell’amata figlia che non ha potuto tenere con sé e crescere come avrebbe voluto.

Merita una menzione speciale anche la scena del secondo atto, in cui la camera da letto del Doge ricorda gli allestimenti di Casa di bambola di Ibsen: al posto dello sfarzo che ci si aspetterebbe, appare davanti ai nostri occhi un ambiente grigio e angusto, correlativo oggettivo degli opprimenti pensieri che abitano la mente del protagonista.

L’orchestra diretta da Michele Mariotti riesce a restituire, una ad una, le maree sonore della musica di Verdi, sia nelle ondate di dolce malinconia che in quelle di affannati turbamenti, con il risultato di una compagine musicale compatta e cangiante al tempo stesso.

Nell’eccezionale cast di cantanti, a spiccare è certamente Luca Salsi, che interpreta magnificamente Simon Boccanegra grazie a una voce di baritono che riesce a modulare aderendo perfettamente alle differenti declinazioni drammaturgiche, passando dal dolente sussurro al tono sdegnato, attraversando un’ampia gamma di sfumature in cui a dominare è una tenebrosa quanto affascinante cupezza.

Maria Motolygina nel ruolo di Amelia/Maria è soprano dotato di una tessitura estesa e di un grande gusto interpretativo, che riesce a padroneggiare con piena sicurezza: dal grave all’acuto, dallo stile declamato a quello propriamente lirico. Insieme a Salsi è protagonista della scena del riconoscimento tra padre e figlia, uno dei momenti più intensi dell’opera: il canto e la recitazione sono così intensi da suscitare una commozione diffusa fra il pubblico, pienamente udibile in platea.

Il tenore Anthony Ciaramitaro interpreta magistralmente la parte di Gabriele Adorno: convincente tanto come cantante quanto come attore, il suo acme interpretativo lo raggiunge nel secondo atto, quando canta la celebre aria “O inferno! Amelia qui!”.

Riccardo Zanellato dà impeccabilmente voce al fiero Jacopo Fiesco grazie al suo timbro caldo e spesso.

Notevole anche Gevorg Hakobyan nelle vesti di Paolo Albiani: l’eccellente espressività del baritono è dimostrata dal controllo che riesce ad esercitare sia sulla parte lirica che su quella recitata.

È importante ricordare anche il Pietro interpretato dall’ottimo Luciano Leoni. Completano felicemente il cast dei solisti Caterina D’Angelo e Enrico Porcarelli nei panni rispettivamente dell’ancella di Amelia e del capitano dei balestrieri.

Il coro del Teatro dell’Opera diretto da Ciro Visco si distingue come sempre per le sue splendide capacità: ogni volta che è chiamato ad apparire sul palco, dal primo all’ultimo atto, la compagine corale si dimostra sempre all’altezza. Il coro infatti, al pari dei solisti, è uno dei protagonisti dell’opera e in particolare del grandioso concertato che chiude il primo atto: in questa sontuosa scena, in cui è incastonata come gemma preziosa l’aria “Fratricidi! Plebe! Patrizi!” cantata da Salsi, è anche e soprattutto grazie al meraviglioso contributo del coro che si raggiungono quelle vette musicali che si sono guadagnate un calorosissimo applauso, degno suggello alla bellezza di questo finale d’opera.

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