“Poiché tutto è opera dell’industria, bisogna che tutto sia fatto per essa”, così parlò Claude-Henri de Rouvroy de Saint-Simon, considerato dagli storici come il padre del socialismo francese. Una massima che ci riporta alla mente quel concetto di esaltazione della società industriale, prologo di ciò che avverrà in maniera largamente diffusa nel Novecento e che funge da brillante incipit per il nostro racconto.
Siamo a Colleferro, in provincia di Roma, cittadina in cui risiedono poco più di 20mila abitanti, circa il triplo rispetto alla sua nascita, ufficialmente registrata nel 1935 e che dunque tra pochi mesi vedrà festeggiarla i suoi primi 90 anni di storia. Una realtà a vocazione industriale, ideata attorno al colosso Bombrini Parodi-Delfino, conosciuta anche come B.P.D., azienda attiva in svariati settori, specialmente nella chimica, la cui produzione si basava principalmente sulla polvere da sparo, nonché su varie tipologie di esplosivi.
Nata nel 1912 da un’intuizione del senatore Giovanni Bombrini e dell’ingegnere Leopoldo Parodi-Delfino, sulle ceneri di uno zuccherificio ormai in disuso, ha di fatto determinato sia il tessuto economico-sociale che la trama territoriale di Colleferro, località considerata come un vero e proprio obiettivo sensibile durante i due conflitti mondiali, dato il suo coinvolgimento implicito nella fabbricazione di materiale bellico.
Un binomio, quello tra città e industria, che è cresciuto gradualmente nel cuore della Valle del Sacco, partendo dal celebre “villaggio operaio” e sviluppatosi lungo altre aree cittadine attraverso i progetti ventennali del noto ingegnere Riccardo Morandi, tramite i quali hanno visto la luce svariati edifici residenziali, riservati sia a dipendenti che dirigenti della B.P.D., nonché quelli inerenti ai servizi essenziali per il benessere e la quotidianità della popolazione.
Una storia fatta di passione, lavoro, sacrifici, unione, ma anche di dolore. Perché, se da un lato la creazione di un polo industriale così rilevante per il centro Italia ha attratto numerose famiglie del nord a trasferirsi intorno agli stabilimenti colleferrini, dall’altro alcune di esse, e non solo, hanno dovuto fare i conti con un evento alquanto drammatico, ricordato tutt’oggi come “lo scoppio del ’38”: nell’esplosione di uno dei reparti preposti alla produzione di tritolo persero la vita ben 60 operai e circa in 1.500 rimasero feriti in seguito alla deflagrazione.
Un avvenimento che viene rievocato e commemorato dalla collettività di anno in anno, dal 365esimo giorno successivo alla tragedia ad oggi, lasso di tempo in cui la B.P.D. ha subito svariate trasformazioni, sia di carattere produttivo che societario, “passando la mano” alla SNIA nel 1968, per poi rientrare nella galassia FIAT prima e AVIO poi.
La sua pesante eredità, raccolta proprio da quest’ultima, si traduce in una metamorfosi precisa: il passaggio ufficiale e definitivo all’aerospaziale di un’azienda che oggi opera nel settore dei lanciatori e della propulsione applicata a sistemi di lancio, missili e satelliti.
Cosa ne resta, dunque, della storica B.P.D.? Il ricordo, le battaglie sindacali, gli stabilimenti abbandonati e l’anticavia Romana che collegava Colleferro Scalo al centro cittadino attraverso due ingressi aziendali. Mea culpa, il tempo verbale è errato: il presente sostituisce l’imperfetto, in quanto la suddetta via Romana è stata riaperta al pubblico pochi giorni fa, dopo ben 86 anni, in occasione delle celebrazioni per Santa Barbara, patrona di Colleferro. Un qualcosa di impensabile per l’intera comunità fino a qualche decennio fa.
Da un punto di vista squisitamente urbanistico, l’apertura di questo “vecchio” tragitto ha segnato l’inizio di una nuova era per la cittadinanza colleferrina. Una zona colma di fascino rétro, completamente sconosciuta ai più, capace di produrre un tipo di emozione che – con ogni probabilità – vive solo chi risiede nel circondario.
Per questa ragione, il desiderio nascosto di non pochi colleferrini (e popolazioni limitrofe piuttosto affezionate alla location) consiste nella comprensibile speranza che un giorno non lontano, SE.CO.SV.IM. – società immobiliare del gruppo AVIO – possa nuovamente dar lustro alla gloriosa storia della B.P.D. e dei suoi operai, sia riqualificando, ove possibile, le strutture presenti nell’area, che coniugando la realtà imprenditoriale novecentesca all’attività contemporanea dell’AVIO: un filo biografico lungo un secolo, traducibile non solo in un semplice parco a tema, quanto in una sorta di centro di riferimento per il comparto storico-industriale italiano, capace di arricchire il patrimonio culturale del comune di Colleferro e al tempo stesso di creare un’inedita tendenza turistica che vada a ricercare visitatori e appassionati oltre l’hinterland laziale.
In un Paese allergico alla concezione di una nuova politica industriale, con tutte le relative problematiche connesse al presente e al futuro dei lavoratori, si fa largo l’ancora “sconosciuto” concetto di turismo industriale, in grado di combinare la storia di un marchio con attività di ricerca e tecniche di produzione, attraverso iniziative, incontri, progetti specifici e percorsi congeniali ai temi in questione. La rigenerazione di edifici e aree dismesse può creare quel legame naturale tra ciò che esiste e ciò che fu, le cui radici affondano in un’epoca remota, portando a far fiorire la realtà contemporanea sotto forma di cultura, informazione e scienza, materie scriteriatamente ignorate nell’era devota alle urla e al qualunquismo.
Si tratterebbe, in ultima analisi, di una sfida epocale, un’enorme opportunità spinta dalla storia, dall’innovazione tecnologica e dalla conoscenza, in grado di far vivere un’esperienza significativa all’utenza – per l’occasione, nei panni digitali delle maestranze d’un tempo – nonché di offrire un’immersione completa e autentica nel territorio. Nel nome dell’industria, affinché tutto sia fatto per essa… e per la comunità che la circonda.