La settimana è iniziata con una giornata di importanza fondamentale: il 25 novembre, in cui si riflette sulla necessità di eliminare la violenza sulle donne. È un tema che oggi trova ampissima portata e condivisione, grazie alla società della comunicazione una cui parte, tramite reti, associazioni e centri di aiuto, divulga dati e informa. In passato non era così: la condizione della donna era molto più circoscritta a un ambito familiare, ma soprattutto, a eccezione di casi di cronaca eclatanti, la micro-violenza non era denunciata. Sono stati fatti molti passi in avanti; tuttavia c’è ancora un aspetto, ritenuto colpevolmente secondario, che affligge una moltitudine di donne nel nostro Paese: la violenza economica.
Si tratta di quei comportamenti volti a controllare la capacità di una donna di spendere, possedere denaro e acquistare beni. Può sembrare assurdo, ma è realtà: ci sono uomini che si appropriano del potere di spesa della propria partner, decidendo loro come, quando e dove debbano essere utilizzati i soldi. Oppure addirittura è il caso di uomini che di proposito non fanno lavorare la donna, affinché non abbia una propria indipendenza e sia sempre legata a loro. Secondo il rapporto annuale della rete “DiRE” del 2022, emerge che quasi una donna su tre fra quelle che si sono rivolte ai centri anti violenza sia a reddito zero. Una donna su dieci, invece, secondo l’indagine “WeWorld” fatta da Ipsos, afferma che il compagno le abbia negato di lavorare. Infine, una ricerca condotta da “Episteme” del 2019 ha rilevato che il 37% delle donne in Italia non possiede un conto corrente.
È una forma di controllo subdola, che spera di passare inosservata giacché non si avvale della violenza fisica. All’apparenza è un rapporto come tanti, dove lo sviluppo della famiglia procede grazie all’attività di uno, l’uomo. In verità, dietro al semplice “io lavoro e tu stai a casa” c’è molto di più; costrizioni, privazione della libertà, violenza psicologica, incapacità di essere indipendente e autonoma. E no, non è colpa della donna che accetta di essere trattata così. Molti uomini che agiscono in questo modo lo fanno in maniera infima, scoprendosi a poco a poco. È il caso della donna che conosce un uomo all’apparenza interessante, che le promette garanzie per il futuro, una casa, una famiglia. Ma poi, col passare del tempo, la convince che penserà a tutto lui e d’improvviso lei si trova priva di ogni cosa.
Non basta accrescere le pene per chi commette violenza. La violenza economica è il tipico esempio di un sostrato culturale sfasciato. Da un lato, la donna deve avere più spazio in società. Parità di accesso alle carriere, rispetto della condizione di maternità, trattamento salariale equo. Dall’altro lato, l’uomo. L’idea del possesso è un retaggio di una società patriarcale, che oggi non esiste più, sia chiaro, ma in molti uomini ancora balena nella testa. Ciò che serve è una rivoluzione culturale che porti donna e uomo a una condizione di parità sociale, nel rispetto dei propri ruoli.