E’ crisi di governo in Germania. Dal post pandemia ad oggi: un’analisi della crisi, la caduta di Scholz e previsioni future
L’analisi dei fatti
Secondo gli analisti politici, la crisi di governo in Germania, che ha visto il cancelliere Socialdemocratico Olaf Scholz licenziare il ministro delle Finanze Lindner la sera del 6 Novembre scorso, era prevedibile. Dalla pandemia del 2020, la Germania, locomotiva d’Europa, non è riuscita a riprendersi agevolmente come invece sembrano aver fatto, seppur a fatica e/o parzialmente, gli altri Paesi del vecchio continente. In uno stato come quello tedesco, in cui la priorità è sempre stata quella di far quadrare i conti pubblici, la disputa fra i partiti sulle modalità di esecuzione di una ripresa economica che tarda ad arrivare ha portato, in via definitiva, ad una mancanza di accordo fra le parti. Attualmente il governo tedesco è governato da Olaf Scholz, leader dei Socialdemocratici (SPD), in coalizione con il Partito Liberale Democratico (FDP) di Christian Lindner ed i Verdi di Robert Habeck. Per ovviare alle difficoltà post pandemia, l’SDE insieme con i Verdi, hanno optato per un maggior indebitamento del Governo mentre gli alleati liberal democratici propendevano per un atteggiamento ferreo nella gestione dei conti pubblici, visioni che hanno creato divergenze evidenti in fase di discussione sulla legge di bilancio 2025.
L’inizio della crisi di governo
Il mancato accordo tra Lindner, Scholz e Robert Habeck, ministro dell’Economia e leader dei Verdi, sulle coperture per 9 miliardi di euro nella legge finanziaria per il 2025 è stato l’apice di una serie di malcontenti che serpeggiavano già da un anno fra i tre leader di partito: tutto è cominciato nel novembre del 2023, quando la Corte costituzionale tedesca, rispondendo a una causa avviata dall’opposizione di centrodestra, aveva dichiarato che la legge finanziaria per il 2023 e per il 2024 era illegale poiché andava a ledere l’applicazione del cosiddetto “freno al debito” – un regolamento che impone che il debito pubblico non salga più dello 0,35 per cento del PIL ogni anno, tranne che in situazioni eccezionali. Il governo tedesco infatti, per fronteggiare la crisi post pandemica che aveva colpito specialmente il settore tecnologico, automobilistico e quello legato alla transizione ecologica previsto dall’UE, aveva autorizzato l’utilizzo di fondi di emergenza che non erano stati spesi durante la pandemia e per la guerra in Ucraina – che nel frattempo si era palesata – senza conteggiarli nel debito pubblico, pensando dunque di poterli utilizzare al di fuori di situazioni emergenziali. La Corte costituzionale tedesca si è espressa negativamente in merito e dunque le spese che il governo aveva previsto di finanziare usando i fondi emergenziali sono di fatto rimaste scoperte. Uno scoperto di 45 miliardi di euro per il 2023 e di 17 miliardi per il 2024, difficile da riparare in un contesto di guerra e generale crisi internazionale. Di conseguenza, Lindner che ha continuato ad appellarsi alla sentenza della Corte per far valere le sue idee di rigidità nei conti, sostenendo che il debito non debba crescere oltre i limiti consentiti, ha proposto riforme per tagliare i costi pubblici diametralmente opposte a quelle suggerite dai suoi alleati di coalizione, fra cui l’introduzione di grandi cambiamenti nei sistemi pensionistici e di welfare oltre ad un ridimensionamento degli ambiziosi obiettivi climatici. Scholz invece, insieme all’esponente dei Verdi Habeck, propendeva piuttosto per aumentare di ulteriori 9 miliardi il debito pubblico – prassi diffusa in questi difficili anni post covid in molti paesi occidentali – utile, secondo il Cancelliere, a frenare la crisi che sta attraversando l’economia tedesca, in particolare quella dell’industria automobilistica. I primordi della crisi economica tedesca nascono dunque con la pandemia. Se è vero che l’intero sistema economico mondiale ha fortemente risentito del fermo commerciale del 2020 – in particolare – ma anche del 2021, la Germania, fortemente dipendente dal commercio estero e dagli approvvigionamenti per ciò che concerne il siderurgico e l’energetico, ha accusato l’ancoraggio degli altri stati occidentali non riuscendo poi a controbilanciare i forti contraccolpi interni ed esterni.
La crisi di Scholz
Sembra essere il Cancelliere più impopolare di sempre: poco carismatico, poco presente al pubblico – spesso interviene tramite i suoi portavoce – si è inserito nel post Merkel con la vittoria del CDU con il 30% di voti. Il malcontento dell’elettorato tedesco nei suoi confronti sembra essere conclamato, in un contesto già difficile che la Germania si porta dietro da qualche anno. Fortemente dipendente dal commercio estero infatti, ha risentito fortemente della guerra russo-ucraina, che ha generato forti problematiche nell’approvvigionamento energetico, in particolare di gas dalla Russia che la Germania riusciva ad ottenere a buon prezzo. A sua volta, la difficoltà di reperimento e l’aumento del prezzo del gas ha generato un fermo nella crescita produttiva tedesca, specialmente nel settore auto, generando una situazione definita dal Ministro dell’economia “drammaticamente brutta”. Ancora, di conseguenza, la pressione inflazionistica, cresciuta in tutti i Paesi occidentali specialmente a seguito della pandemia e che ha provocato forti sconvolgimenti economici.
Alla più generale crisi economica si sommano crisi interne derivanti, ad esempio, dalla forte presenza di un partito di estrema destra, AfD, particolarmente efferato, tanto da essere espulso dal più estremista dei gruppi parlamentari europei e che ha generato uno sconvolgimento nelle modalità istitutive tedesche che per la prima volta dal secondo dopoguerra si sono viste minacciare nel profondo credo istituzionale. Inoltre, fattore che nel nostro menage istituzionale sembra scontato, l’assetto governativo tedesco è abituato a coalizioni di soli due partiti e non è invece incline a gestire coalizioni di più numerosa presenza, come nell’attuale governo Scholz, che generano necessariamente maggiore instabilità e difficoltà di accordo. Infine, ma non per importanza, la figura di Scholz stesso, che appare poco efficace, poco carismatica in un momento in cui la Germania ha bisogno di una guida presente, abituata com’era, nel bene e nel male, a quella della Merkel.
Cosa succederà
Con Lindner si sono dimessi altri tre ministri appartenenti alle fila dei Liberaldemocratici, con deleghe alla giustizia, ai trasporti e all’istruzione. Se e come il governo di Scholz uscirà da questa impasse non è chiaro. Le conseguenze del licenziamento del ministro delle Finanze Christian Lindner saranno probabilmente in primis la perdita consistente di una parte dell’appoggio parlamentare per il leader SPD e poi la difficoltà di far approvare la nuova legge di bilancio. L’intenzione del Cancelliere sembra essere quella di attendere il voto di fiducia sul suo governo previsto per il 15 gennaio del nuovo anno, quando probabilmente perderà la maggioranza in parlamento. Senza i Liberaldemocratici dovrà cercare di restare a capo di un governo di minoranza, cercando appoggio da parte di forze politiche esterne alla stessa, con la difficoltà ormai esplicita di non godere di un grosso consenso fra gli elettori. Nonostante ciò non si paventano nuove elezioni o elezioni anticipate fino al 2025, così come ha riferito lo stesso Scholz visto che il sistema istituzionale tedesco è stato formulato, da dopo la seconda guerra mondiale, per ovviare a crisi di governo con difficoltà per l’opposizione ad ottenere un voto di sfiducia. Questo nonostante il Cancelliere in una recente intervista con Ard ha dichiarato: “Il fatto che io ponga la questione della fiducia prima di Natale, se tutti la vedono così, per me non è affatto un problema. Anche io voglio che sia veloce”. Vedremo.