“Tremare senza paura”. È questo il motto di Paolo Muzi, romano di classe 1961, affetto da Parkinson. Pedalare per 1000 km verso Roma, percorrendo la via Francigena a bordo di una mountain bike è stata una grande sfida per lui e la sua malattia.
Una mountain bike per sfidare il Parkinson
Paolo è un marito e un padre di tre figli che nel 2019 ha ricevuto la notizia probabilmente più sconvolgente della sua vita: una diagnosi di Parkinson. “Quanto mi resta da vivere?” lui racconta sia stata questa la prima frase che ha avuto il coraggio di pronunciare dopo aver appreso la notizia. Indicatogli all’incirca 20 anni, ha pensato di renderli il più vivibili possibile.
Dopo essere stato per tanto tempo un giocatore di pallacanestro a livello dilettantistico, Paolo Muzi ha deciso di abbracciare una mountain bike. Arrivata la malattia ed anche il pensionamento (a maggio dell’anno scorso), ha capito di dover fare dello sport il suo principale intrattenimento e la sua cura preferita. Una cura che si è promesso di far conoscere anche a tanti altri. In un’intervista al Corriere della Sera racconta infatti di aver scelto una mountain bike “per sfidare il Parkinson e dimostrare che lo sport e il movimento sono il miglior percorso per contrastare l’andamento della malattia”.
Una pedalata lunga 1000 km verso Roma
Proprio da questo suo obiettivo nasce la sfida di pedalare dal Gran San Bernardo (confine tra Italia e Svizzera) a Roma percorrendo la via Francigena per ben 1000 km. Partendo il 6 al settembre 2024, con un dislivello di 9800 metri e 15 tappe da fare lungo il percorso, Paolo Muzi è riuscito nella sua impresa, arrivando nella capitale il 21 settembre. Un’impresa per cui si è allenato duramente e che aveva previsto di compiere in più tempo rispetto a quello poi effettivamente impiegato. E’ arrivato a destinazione ben 5 giorni prima del previsto sulla tabella di marcia.
Una famiglia dietro due ruote
Quando gli si chiede dove abbia trovato la forza di non perdere la speranza dopo la diagnosi, Paolo Muzi cita sempre i suoi figli. Appena arrivata la malattia, la paura ha preso il sopravvento anche nei più piccoli della casa, racconta. Ma grazie a loro, è riuscito a volersi più bene. Durante la pedalata verso la capitale invece, racconta di aver ricevuto tanto supporto anche da “sconosciuti” che mandavano messaggi tramite i social. In quei giorni ha capito, infatti, quanto impatto abbia avuto la sua sfida sugli altri oltre che su sé stesso.
Al di là dello sport, con l’avvento del Parkinson, Paolo racconta di aver riscoperto l’importanza dell’arte, della musica e della lettura. Sono queste le cose in grado di “nutrire l’anima”, dice.
A tal proposito, Paolo racconta come sia stato possibile creare una famiglia dietro“due ruote”. Una famiglia non di sangue, ma fatta di persone accomunate dalla voglia di non rassegnarsi. Spesso una diagnosi di Parkinson può portare a problemi relazionali che hanno poi un riflesso anche sull’umore. Paolo Muzi è riuscito a cogliere l’importanza dello sport per mantenere il più sano possibile il corpo ma anche lo spirito di un malato di Parkinson.