Verba manent: Alessandro Giuli, chi mal comincia…

Il ministero della Cultura continua a far parlare di sé, da un eccesso all’altro. Siamo passati dall’immobilismo di Sangiuliano, coronato da quella polemica che ha infiammato il dopo estate e che l’ha portato alle dimissioni – da immobile a fin troppo operoso, all’incomprensibile linguaggio di Giuli, neo ministro, che ha fatto molto discutere durante l’audizione alla Camera. 

Un cursus honorum invidiabile per arrivare a essere ministro (sic!), dal Foglio al MAXXI fino al dicastero per direttissima, con un’esperienza ideologica nettamente a destra mai nascosta, quella di Alessandro Giuli è una parabola singolare. A partire dalla polemica sulla mancata laurea, a cui ha rimediato pochi giorni dopo l’insediamento: gli mancava un esame che ha completato con la votazione di 30 (sine laude, ahia); ora è alla prova dei fatti. In occasione dell’esposizione delle linee guida del suo ministero, Giuli si è dimostrato un po’ confuso nella spiegazione. In incipit, ha citato o forse parafrasato Hegel, tuttavia sbagliando: “La conoscenza è il proprio tempo appreso con il pensiero”, anziché “La filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero”. Poco male, alla fine filosofia e conoscenza possono essere accumunati, no? Il problema è come ha proseguito: “Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale […]”. 

Facciamoci seri: nessuno mette in dubbio la cultura di Alessandro Giuli, che peraltro in tv si era sempre presentato in maniera pacata ed educata – lo sottolineamo perché oggi non è scontato. Essere ministro della Cultura, però, non è esibizionismo alla prima occasione. E non è neppure utilizzare il “latinorum” per confondere gli altri, illudendoli delle proprie capacità solo a parole, peraltro incomprensibili. In Italia, secondo dati del 2022*, la percentuale di adulti poco istruiti è del 37% e quella di giovani che precocemente hanno abbandonato gli studi è dell’11,5%, superiore alla media UE. Il livello di istruzione italiano cresce più lentamente della media OCSE. I numeri, se paragonati agli ultimi decenni, sono più positivi. Ma a ben vedere è così grazie a politiche di inclusione culturale, allargamento degli orizzonti di studio e programmi di scambio europei e internazionali che permettono ai nostri giovani di formarsi all’estero. Ciò in opposizione alla visione protezionista, nazionalista e chiusa che molti esponenti, vicini a Giuli, professano quotidianamente. 

Signori, il mondo cambia in fretta. L’Italia deve adeguarsi per essere competitiva, laddove la competizione su scala locale non esiste più. La competizione è globale e vale per tutti i settori. Non si può pensare di governare la cultura, che è il progresso sociale e scientifico di un Paese, senza basi o con artifizi banali. 

*Fonte: Istruzione – Noi Italia – ISTAT

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