Dopo un’assenza di ben sedici anni dal palco del Teatro Costanzi, ritorna in grande stile l’Otello di Verdi, diretto dal maestro Daniel Oren e curato nella sua veste visiva dal regista Allex Aguilera. La regia si inscrive nel solco della migliore tradizione, regalando al pubblico un allestimento i cui alti livelli sono raggiunti anche grazie alle scene di Bruno de Lavénere, ai sontuosi costumi di Françoise Raybaud Pace e alle suggestive luci di Laurent Castaingt.
Il regista sceglie di collocare l’azione in una scena unica: si tratta del cortile di un palazzo rinascimentale costruito con diversi ordini di arcate, collegate da una passerella sospesa che conduce in basso tramite una scala a chiocciola.
Dal punto di vista simbolico Allex Aguilera, in una nota di regia, spiega il ruolo che nel suo allestimento rivestono i due elementi del fuoco e dell’acqua:
“L’opera inizia con una tempesta, simbolo dell’elemento dell’acqua, che associo a Otello. Successivamente appare il fuoco, creando un contrasto potente. Utilizzo questi due elementi come simboli: l’acqua rappresenta la forza e la potenza di Otello, mentre il fuoco incarna l’amore ardente e appassionato che prova per Desdemona.”
Esemplificativo in tal senso è il finale del primo atto, in cui vengono calate dall’alto delle fiaccole ardenti mentre Otello e Desdemona intonano il loro sublime duetto d’amore; fiaccole che verranno spente da una cascata d’acqua nel momento in cui il Moro permette al germe della gelosia (astutamente impiantato da Jago) di germogliare in lui. La presenza inquietante dell’acqua ritorna nel finale dell’ultimo atto, e in particolare nella scena dell’uccisione di Desdemona da parte di Otello: il delitto, infatti, non avviene (come da tradizione shakespeariana) tramite il soffocamento, ma attraverso l’annegamento della giovane donna. La modifica è funzionale a rappresentare come l’acqua, che all’inizio simboleggiava la forza di Otello, arrivi a costituirne la vulnerabilità, mostrando come il suo potere distruttivo finisca per rivolgersi contro se stesso, portando al naufragio, metaforico e insieme tragicamente letterale, della propria storia d’amore.
Il direttore Daniel Oren riesce a instaurare una grande sintonia con l’orchestra che risponde prontamente e con maestria ai comandi del maestro, la cui visione musicale dell’opera è davvero completa: riesce infatti ad arricchirsi di una lodevole cura dei dettagli e dei preziosismi musicali senza pregiudicare il rapporto con la parola e con l’azione scenica, che risultano infatti ampiamente rispettati.
Il coro, diretto come di consueto dal maestro Ciro Visco ha regalato al pubblico un’esecuzione di grande qualità: alla precisione della frase musicale, sempre molto pulita a livello di intonazione e sincronia, ha unito un timbro che appare dotato di morbida rotondità anche negli acuti più impervi e nelle ricche gradazioni dinamiche ed espressive.
Passiamo ora alle prove canore dei tre protagonisti, che hanno garantito al pubblico un eccellente livello musicale e interpretativo.
Il tenore Marco Berti, nel ruolo di Otello, ha saputo calibrare le sue forze, controllando sapientemente una performance che si è caratterizzata per un crescendo di intensità e padronanza. L’interprete ha il merito di aver saputo rappresentare con finezza interpretativa l’ossessivo insinuarsi della gelosia nella mente e nell’anima di Otello, rappresentando il progressivo affermarsi della febbrile ossessione del protagonista, mettendone in risalto più la vulnerabilità che la forza violenta. Con questa esibizione, dunque, Berti ha dimostrato non solo una notevole padronanza tecnica, ma anche una profonda comprensione del complesso sviluppo psicologico del personaggio.
II soprano coreano Vittoria Yeo ha dato splendidamente voce alla delicata soavità di Desemona, grazie al suo timbro lirico e vellutato. Il canto si intride di dolore nella celebre scena che racchiude la celeberrima “Ave maria”, in cui l’intensità partecipativa del fraseggio raggiunge il suo apice, donando al pubblico una commozione lunare e quasi sospesa, esattamente come richiede il complesso incanto del personaggio di Desdemona.
Vladimir Stoyanov, baritono bulgaro dalla solida vocalità e dalla spontanea musicalità, ha cesellato per tutta la serata una dizione molto nitida e curata, accompagnata ad un’assoluta padronanza teatrale del ruolo di Jago.
Ottima la squillante performance del tenore Piotr Buszewski nel ruolo di Cassio, così come quella del tenore Francesco Pittari nei panni di Roderigo. Molto buone anche le interpretazioni del basso Alessio Cacciamani (Lodovico), del baritono Alessio Verna (Montano) e del mezzosoprano Irene Savignano (Emilia) Un vero successo, confermato dagli scroscianti applausi del pubblico.