Io sono un gatto è il primo romanzo dello scrittore Natsume Soseki, pubblicato per la prima volta nel 1905. Viene definito il primo romanzo giapponese moderno. Nel 2006 Neri Pozza pubblica la prima versione.
«La cosa strana è che gli ostinati per tutta la vita considerano la loro testardaggine una qualità, e il dubbio che la gente possa disprezzarli, possa non considerarli degli interlocutori validi non li sfiora nemmeno»
Così il protagonista del romanzo racconta gli uomini, definendoli poi delle creature felici, parla della “felicità dei maiali”. A descrivere così gli uomini è un gatto che viene definito l’eroe della storia che guarda e commenta, con il suo fare filosofico e scettico, la follia del genere umano. Nello specifico si sofferma sulle stranezze del suo padrone, della famiglia in cui vive. Il gatto partecipa agli incontri che si hanno nel salotto della casa, sembra che sia lì a discutere con loro.
Non c’è nessun felino tenero tipico delle storie che vedono come protagonisti degli animali. L’eroe, infatti, permette di vedere il mondo con il suo sguardo distaccato rendendo il romanzo complesso seppur con una scrittura lineare e all’apparenza facile.
Da una parte, dunque, c’è il Giappone che all’inizio del Novecento sta diventando sempre più una nazione moderna, ma dall’altra c’è la stranezza e l’insensatezza che caratterizza l’uomo moderno in generale. Dunque c’è una forte idea di contrasto non solo tra l’epoca narrata e gli uomini che la vivono, ma anche tra questi ultimi e un gatto.
Nel suo fissare in silenzio le vicissitudini del padrone, il gatto-eroe realtà permette più spunti di riflessione rispetto agli amici che giungono in quella casa. Si pensi a Meitei così logorroico e pieno di arroganza. Così il gatto non giudica solo l’uomo con cui vive e che tra l’altro sembra non abbia neanche perso tempo per dare un nome al suo animale. Ciascuna delle figure che siede in quel salotto, vuole rappresentare i maggiori difetti umani che li rendono folli.
Anonimato e silenzio caratterizzano il protagonista e un forte senso critico che gli permette di dare una panoramica della società all’inizio del Novecento, quei tratti umani che ci caratterizzano ancora oggi.
Io sono un gatto non è affatto una storia facile da leggere e neanche la presenza di un animale così tanto amato, la rende leggera. Allo stesso tempo il lettore, grazie anche ai tratti ironici che caratterizzano la scrittura di Soseki, può mettersi comodo e guardare insieme all’eroe con un sorriso amaro le vicende umane. Queste ultime fatte anche di staticità e monotonia e qui vi è uno sguardo ironico verso gli intellettuali dell’epoca, delineata come poco dinamica. Infatti il padrone che di mestiere fa il professore, sembra vivere perennemente tra le mura domestiche. Il gatto spesso si riferisce direttamente ai lettori raccontando anche la complessità nel narrare la quotidianità umana. Durante la lettura viene spontaneo anche porsi alcune domande, quindi ci si chiede come effettivamente possiamo sembrare al di fuori.
Attraverso i suoi occhi si descrive così la cultura giapponese di inizio Novecento. Il suo sguardo attento permette di conoscere altri aspetti, come la cucina. L’eroe non si perde neanche un dettaglio, portando il lettore stesso in quel salotto accanto a lui. Dà molta attenzione al vestiario che caratterizza i suoi ospiti oppure agli oggetti presenti in casa.
Nulla è dato per scontato da parte di questo inusuale narratore.