Puntare la pistola contro lo Stato è puntarla contro di noi

“Un ragazzo mima in Senato il gesto della pistola contro il Presidente del Consiglio”: questa è la notizia che riportano le principali testate giornalistiche da qualche giorno, e la risposta dell’opinione pubblica non è tardata ad arrivare. C’è chi condanna il gesto, e chi, goliardicamente, risponde: “La sinistra riparta da quel ragazzo”. Di commenti così, sotto i post dei giornali che riportano la notizia, ce ne sono a centinaia. “Un ragazzo sano, finalmente” dice un utente, e poi “Solidarietà al ragazzo”, “Peccato che ha solo potuto mimare”, “Magari l’avesse avuta veramente una pistola” e ancora “Sempre a criticare sti ragazzi e invece ha espresso il pensiero di molti, con un semplice gesto!”. 

Sorgono tante domande e tante di queste le suscita più l’opinione pubblica che il ragazzo stesso: ha espresso il pensiero di molti? Molti chi? Anarchici? Mafiosi? Perché la Sinistra dovrebbe “ripartire” da un gesto simile? Sinistra, che, com’è vero, all’opposizione occupa una parte di quegli scranni del Parlamento tra 400 parlamentari e 200 Senatori, in rappresentanza di un elettorato che crede in un manifesto di responsabilità, bene comune, “di un’etica pubblica condivisa, che consenta agli italiani di nutrire un senso più alto dei loro doveri”, che attinge a piene mani dalla “Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista”.

È “solo” un gesto, ma nella nostra quotidianità i gesti acquisiscono una valenza importante: un gesto di solidarietà, un gesto di gentilezza, un gesto di riguardo, un gesto di riconoscenza, un bel gesto. Ebbene, questo è un gesto che non va minimizzato, piuttosto fa pensare: rivolgere, seppur metaforicamente, la “pistola” contro lo Stato, sarebbe come puntarsi la pistola alla tempia, perchè lo Stato siamo noi, come direbbe Piero Calamandrei.

Senza scomodare i pensatori politici, il Leviatano, Hobbes, Locke, Spinoza, Rousseau, diciamo solo che lo Stato è il risultato del desiderio collettivo di un vivere civile, di sopravvivere. Lo Stato è nato per tutelare i diritti naturali, è un patto che nasce dal basso, sancito per stabilire e ratificare i diritti naturali di cui l’umanità beneficiava già in natura, ma che, in natura, rischierebbe di perdere. Lo Stato garantisce l’ordine, il vivere retto: senza un ordinamento, delle leggi, ciascuno avrebbe diritto su tutto e su tutti. La politica rafforza i diritti, lo Stato nasce per garantire la libertà personale di ogni singolo individuo, che è “inviolabile”, e “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. 

La Costituzione italiana è la più bella al mondo, perchè come disse Luigi Scalfaro, “non esiste al mondo una Carta più completa e più umana”. È triste pensare che il figlio di un’Italia unita schernisca un’Istituzione, che per quanto imperfetta, in accordo con l’articolo 3 della Costituzione, cerca ogni giorno di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, spendendosi per tutti noi, e anche per quel ragazzo.

La scuola ora valuta una sospensione di 14 giorni, il ragazzo è finito nel bel mezzo di una bufera mediatica. C’è chi dice che sia una reazione sproporzionata rispetto a quella che è stata “una ragazzata”; la verità è che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, e se il ragazzo non ha studiato fisica, adesso l’ha imparato, perché “ignorantia legis non excusat” (l’ignoranza della legge non scusa).

Forse sarebbe buona cosa insegnare nelle scuole seriamente la storia, la responsabilità civile, il rispetto, le norme del vivere comune e la nostra Costituzione, prima di portare in gita studenti spaesati e spavaldi nel cuore della democrazia. Questo sarebbe un insegnamento per la vita, sia privata, sia lavorativa, sia sociale, affinché ci siano finalmente persone che, come diceva Alda Merini, “scelgono attentamente le parole da non dire”, e che sappiano comportarsi e attenersi al buon costume in un determinato contesto di una società, fortunatamente, civile.

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