L’arte del veto: il nuovo taglio della libertà “liberata” colpisce anche in Inghilterra Lord Balfour

É stato detto che a ogni scrittura corrisponde sempre una nuova rivoluzione. Specialmente nella vastità del campo dell’arte, ogni creazione è l’esigenza di ricomporre una rivoluzione e scomporla in una evoluzione.

È stato anche detto però, da un nostro antenato politico tal Demostene di Atene, e poi ancora da un magistrato romano Gaio Canuleio, e ancora cinquant’anni fa da un certo Pier Paolo Pasolini, cui si aggiunse presto in coda anche un repubblicano di nome Aldo Moro, che a ogni censura corrisponde una repressione.

Ora probabilmente tra quelli menzionati, pur pochissimi tra tutti gli altri esempi esistenti, solo qualche nome sarà condiviso dalla memoria degli “attivisti” che aderendo al movimento di “Ultima Generazione” avevano irrotto nelle sale degli Uffizi lo scorso 13 febbraio, imbrattando di poster e incollaggi la “Venere” di Botticelli. Ma è stata questa una riproposizione di quel che già negli stessi Uffizi era accaduto lo scorso luglio 2023 con l’opera del Botticelli sempre nel mirino (“Le tre Grazie”) e poi di nuovo ad agosto, questa volta imbrattando ben sette pilastri del Corridoio vasariano.

Le immagini di una realtà fotografata nel suo stato più disagiato e irrimediabile come quelle dell’alluvione ai Campi Bisanzio incollate sulla teca dell’opera botticelliana, sono state dichiarate dai fautori del blitz come l’esito disperato di una lunga campagna di protesta che in tutti questi anni è dovuta sembrar loro fallimentare a causa della scarsa, quasi assente, attenzione sia sociale che politica al cambiamento climatico. L’irruenza dunque di una protesta che denuncia la mancata attenzione eco-climatica e l’indifferenza di uno Stato alle conseguenze economiche dei disastri ambientali nelle case dei propri cittadini, non prevedeva in realtà alcuna apertura dialogica o ‘creativa’ con le Istituzioni responsabili di questa pubblica carenza, quanto invece una censura che, proprio per la violenza esibita davanti al patrimonio di cui anch’essi fanno parte, cioè alla identità storica di una intera comunità, non poteva portare che alla cesura completa del dialogo attraverso la “legge ecovandali”.

Tuttavia il provvedimento sancito da questo Governo non sembra abbia molto giovato alla salute del nostro patrimonio artistico e culturale, dal momento che pare sia stato ispirato un po’ dallo stesso principio esecutivo per il quale non conviene fare la guerra alla povertà, ma ai poveri, se anziché sensibilizzare democraticamente le fasce ultime più intolleranti, si procede a inasprire questa scollatura civile proprio vietando il pensiero di minoranza.

Leggeremmo ciò allora, senza troppi fronzoli retorici, come un “divieto del tollerato”, cosa che almeno in Italia sta assurgendo a vero modello sociale, quando la nostra lezione democratica leggerebbe altrimenti sempre un “divieto dell’intollerato”, che per quanti sono ormai proiettati all’idea di un nuovo regime politico quale il premierato, trascurerà certamente il significato di “divieto di veto”. L’approvazione di una legge, e non decreto si badi, che tende a “ghettizzare” alcuni elementi di un fenomeno così circoscrivibile ed estemporaneamente legato alla morfologia politica di un Paese che pur già vanta l’art. 9 di una Costituzione di cui dovrebbe pienamente godere, pone le basi di un presupposto storico che fu proprio quello che spinse ogni nazione, in un’era “lontana” dalla nostra, alle Crociate.

Ma allora questi ecovandali, o «ecoterroristi», come li ha persino definiti Elon Musk in un’intervista cinque giorni fa riportata dall’ANSA sul sabotaggio della Gigafactory Tesla in Germania, sono il frutto acerbo di un sistema politico diffusamente intollerante alle minoranze e sempre più censorio della libertà d’espressione? Certamente non così spudoratamente è da affermarne l’univocità, ma come non sottrarci dall’equanime parere secondo cui a uno Stato “cancel-culture” fa riflesso una società governata dalla “cancel-culture”, e che nelle sue più indeclinabili difficoltà strutturali risponde necessariamente con estremismi di minoranza. Estremismi che poi diventano, in situazioni di inconciliabilità tra il pubblico e il privato, veri e propri terrorismi nel momento in cui sono costretti a dotarsi di un proprio statuto alternativo e di una propria fede ideologica ormai in assoluto contrasto naturale con le comuni istituzioni.

E infatti, il taglio che ha preso il fenomeno dell’eco-terrorismo oggi è proprio quello di una crociata alla libertà “liberata”, dove la libertà è la Gerusalemme tassiana dell’utopia, cioè del luogo che non c’è, che non deve esistere realmente, e che però si insiste a cercarlo dappertutto più per corrente che per necessità, più per potere che per dovere. La libertà per assunto è quella che per molti giovani e generazioni nuove deve essere a tutti i costi “liberata” dalla sua ombra stessa, cercando l’oggetto del suo riscatto. Oggetto che viene ad essere l’Arte.

Un ultimo episodio infatti lo si è visto proprio ieri a Londra, al Trinity College dell’Università di Cambridge, dove una giovane ragazza attivista del movimento pro Palestina, raccogliendo il clima già presente di anti-semitismo nell’ambiente universitario, stando alla fonte giornalistica del posto, prima spruzza della vernice a spray sopra il dipinto e poi lo squarcia completamente provocandogli danni decisamente irreparabili. Il dipinto in questione è non casualmente il ritratto di Lord Arthur Balfour, primo ministro inglese autore della “Dichiarazione Balfour” con la quale nel 1917 il Governo britannico affermava di «guardare con favore alla creazione di una dimora nazionale per il popolo ebraico in Palestina, allora parte dell’Impero ottomano».

Anche qui a distanza di pochissimi giorni dagli altri episodi consimili avvenuti su quel che ormai è un fronte occidentale, si è assistiti ad una nuova ed ennesima manifestazione di dissipazione del patrimonio artistico e storico delle nazioni, con la distruzione di un’altra opera d’arte, che in sé non rappresentava un altissimo valore economico nel collezionismo, ma, cosa fondamentale, come tutte le altre opere d’arte, partecipava a rappresentare l’inestimabilità della coscienza storica che attraverso l’Arte ha ciascuna nostra civiltà. Ogni volta che si distruggerà ancora con coscienza l’Arte, ci sarà nel mondo una minore coscienza di libertà.

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