Verba manent: manette e dignità

Manette ai polsi, piedi legati a ceppi, catenella come guinzaglio affinché non si allontani troppo dalla guardia carceraria. Se non fosse realtà, potrebbe essere la descrizione dell’antitesi della dignità umana in sede processuale. È successo a Ilaria Salis, arrestata e processata attualmente in Ungheria per aver partecipato a una manifestazione antifascista nella quale avrebbe aggredito e leso alcuni membri della fazione opposta. Le immagini che la ritraggono legata in aula stanno facendo il giro del mondo, colpendo la reputazione del nostro Paese nella misura in cui, con netto ritardo, si sta muovendo diplomaticamente per replicare al trattamento subito dalla connazionale. 

La questione nasce umana e giuridica, ma diventa giocoforza politica. Non ci interessa minimamente la querelle “è di sinistra”, “se fosse stata fascista cosa sarebbe accaduto”, “nel 2017 aveva assaltato un gazebo leghista”; tutta retorica da talk show. Il punto critico della vicenda, politicamente, riguarda il modo in cui un Paese alleato, europeo e all’apparenza democratico tratti gli imputati. E, di conseguenza, il ritardo che il nostro governo ha manifestato nel voltare lo sguardo a est, verso Ilaria Salis. Lollobrigida non commenta, Meloni si limita a telefonare a Orban, Salvini precisa che la ragazza aveva però colpito un gazebo della Lega. Fino a che punto si protrarrà la trasformazione di un tema serissimo in propaganda elettorale? 

In Italia, ai sensi dell’ordinamento penitenziario, le manette ai polsi vengono messe solo in caso di pericolosità del soggetto e pericolo di fuga, oppure se le circostanze ambientali rendono difficile la traduzione dal carcere. Fuori da questi casi, si tratta di un trattamento vietato perché contrario al rispetto della dignità umana del detenuto. Da Beccaria in avanti, fino al 1959, anno di costituzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la giurisprudenza ha messo in primo piano la dignità e il rispetto del detenuto. Il quale sarà colpevole solo a seguito di sentenza passata in giudicato, mentre, fino a quel momento, è innocente. Andrea Bonafede, ovvero Matteo Messina Denaro, è stato catturato ed è stato ripreso senza manette. Davanti al boss dei boss arreso, lo Stato non ha avuto bisogno della coercizione per dimostrare la sua forza. Messina Denaro era stato neutralizzato, non era più un soggetto pericoloso. E Ilaria Salis, allora, sì?

Un appello alla politica: smettetela con la strumentalizzazione di questa orribile vicenda e tenete a mente i principi del diritto che voi, per primi, rappresentate e dovreste difendere. Ilaria Salis finora è innocente, ma anche se verrà giudicata colpevole, abbiate il coraggio di ammettere, senza tentennamenti, che ha subito una forma di tortura giuridica e mediatica. Se avrà sbagliato, sarà la magistratura a dirlo. Finora, quelli che hanno sbagliato siete voi, che l’avete resa strumento di polemica. 

1 commento

  1. Caro Domenico, ancora una volta dai tuoi articoli e dai miei brevi modestissimi commenti viene tirato in ballo Cesare Beccaria. Possibile che dopo due secoli ci sia ancora necessità di farlo perché la sua lezione non è stata ancora compresa … ?

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here