Anche questo 27 gennaio torniamo a celebrare la Giornata della Memoria. Una ricorrenza che dovrebbe far fermare l’umanità e farla riflettere su valori fondamentali come la tolleranza, il rispetto della vita e l’uguaglianza tra tutti i popoli attraverso le testimonianze, i racconti e lo studio della storia, perché, come scriveva Primo Levi, “Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.”
L’Olocausto è stato qualcosa di incredibilmente violento, che ha macchiato per sempre la storia contemporanea, mostrando un lato dell’uomo talmente atroce che ancora oggi restiamo increduli davanti alle immagini e ai video che raccontano il massacro operato dai nazisti.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario” affinché il germe nazifascista possa essere combattuto e mai più nessun popolo possa subire quello che subirono gli ebrei durante la prima metà del novecento.
Ogni anno ce lo ripetiamo. Ogni anno cittadini, governi e istituzioni internazionali ci ripetono l’importanza della pace, dell’amore e della libertà. Ogni anno parliamo di diritti fondamentali dell’uomo.
Ogni anno, però, molti stati continuano a produrre armi e a venderle a chiunque le richieda, indiscriminatamente, per sostenere l’economia e far crescere il PIL. Ogni anno continuiamo a finanziare guerre in ogni parte del mondo, sentendoci paladini di una giustizia che io, personalmente, stento a comprendere.
Quella di quest’anno, poi, è una Giornata della Memora strana, che lascia l’amaro in bocca. È un 27 gennaio che vede il popolo ebraico in guerra contro quello palestinese. Il massacro che oggi si sta portando avanti nella Striscia di Gaza è qualcosa che strazia il cuore e che lascia increduli.
L’Occidente e le Nazioni Unite hanno l’obbligo morale di cercare una soluzione pacifica del conflitto ponendo fine a una stagione di violenza che sembra, invece, non interessare.
La Giornata della Memoria ci faccia riflettere sul fatto che “mai più” significa mai più per nessun popolo. Un discorso utopico che forse nulla ha a che fare con la natura dell’uomo.
Forse aveva ragione Primo Levi a chiedersi: “Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria?”