Una nuova riforma dell’intelligence? Rischi e prospettive

Di recente si è cominciato a parlare di una nuova riforma dei servizi segreti, mirante alla variazione del cosiddetto Sistema per l’informazione e la sicurezza della Repubblica. In altre parole si tratterebbe di cambiare gli assetti dettati dall’ultima legge del 2007; che molto aveva influito in termini di gestione e struttura del comparto.

Per comprendere i possibili effetti di questo cambiamento occorre partire dalla storia dei nostri servizi. Nel 1863 venne costituita la prima unità di raccolta informazioni in seno al Regio esercito, segnando da quel momento diverse tappe evolutive. Fino agli anni Quaranta operò il SIM, che nel dopoguerra lasciò il posto prima al SIFAR, noto per un clamoroso scandalo di dossieraggio, e poi al SID; fino ad arrivare al modello binario del 1977 che istituì un servizio militare dipendente dal ministero della Difesa, il SISMI, e un servizio civile alle dipendenze del ministero dell’Interno, il SISDE. Il nostro attuale modello, impostato trent’anni dopo la legge del 1977, ha ereditato la natura binaria del vecchio sistema; anche se con una differenza significativa. Se infatti in Italia esiste un’agenzia deputata allo spionaggio esterno, l’AISE, ed una focalizzata sul controspionaggio interno, l’AISI, esse non sono più sottoposte ad un controllo ministeriale; bensì a quello della presidenza del Consiglio tramite un apposito dipartimento chiamato DIS.

Ora, se assumiamo che il contesto internazionale non è più né quello del 1977 né quello del 2007, potremmo lecitamente pensare che una nuova riforma sia necessaria. Tuttavia bisogna osservare che un simile intervento comporta sempre un rischio di ribasso delle capacità operative. Se si sceglie di rivoluzionare la struttura dei servizi, bisogna essere in grado di elaborare un’alternativa funzionante nonché legata ad una visione di politica estera e di sicurezza

Si è molto discusso, ad esempio, della rilevanza oramai considerevole della cosiddetta intelligence economica; come anche delle attività di ricerca e analisi informazioni nello spazio cibernetico. Qualcuno ha sostenuto l’ipotesi di alterare il modello binario, attualmente basato sulla dicotomia operativa interna ed esterna, con queste branche ritenute più attuali. Sarebbe rischioso; perché, sebbene sia l’economia sia il digitale siano elementi rilevanti anche per la sicurezza, le classiche attività di ricerca che sfruttano fonti di informazione tradizionali, o comunque consolidate, non possono essere superate con troppa leggerezza.

Quello a cui si potrebbe pensare è il potenziamento delle capacità analitiche interne delle agenzie già esistenti, oppure la creazione di nuovi organismi più piccoli integrandoli nel sistema corrente. Quest’ultima soluzione fornirebbe al sistema italiano degli attori altamente specializzati ed interamente focalizzati sulle nuove aree di intervento cruciali per la sicurezza nazionale. Peraltro dei meccanismi simili sono già stati adottati in altri paesi, come gli Stati Uniti; dove accanto alle due agenzie che seguono il modello binario ne sono comparse altre per coprire settori specifici, alleggerendo così la pressione sulle due agenzie principali e rendendo il modello più efficiente. 

Qualunque sia la direttrice dell’eventuale riforma, si dovrà porre attenzione all’impatto che essa avrà sull’architettura dei nostri servizi; i quali rimangono comunque un valido esempio di professionalità e capacità operativa a livello internazionale. 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here