Giunto alla sua sedicesima edizione, si apre a Bologna Archivio Aperto. Il festival, unico nel suo genere in Italia, è dedicato al concetto di archivio inteso come preziosa raccolta di memorie private che custodisce in sé parte del patrimonio storico di intere generazioni.
Si tratta di un evento della durata di cinque giorni con un calendario ricco di incontri, dibattiti e proiezioni cinematografiche, organizzato dalla Home Movies – Archivio Nazionale dei Film di Famiglia.
Il punto focale dell’edizione del 2023 è racchiuso nel suo titolo: The Future is Memory. Un accostamento quasi paradossale delle parole passato e futuro che trasmette il valore che il cinema privato, amatoriale e sperimentale possono avere nella costruzione di una memoria storica. Si girano nel presente, infatti, le pellicole che testimonieranno la storia contemporanea per le generazioni future.
L’evento, oltre ad essere un prezioso momento di confronto e di riflessione su temi come la memoria e l’utilizzo nel pubblico di immagini private, ospita, per il secondo anno, un concorso cinematografico a cui partecipano registi internazionali con loro opere documentarie e sperimentali che incorporano immagini riprese da archivi e momenti di vita privata.
Noi di Lanterna abbiamo avuto la possibilità di seguire alcuni dei titoli in concorso, tra cui Non-Aligned: Scenes From Labudović Reels, firmato dell’artista serba Mila Turajlić in qualità di regista, sceneggiatrice e produttrice. Il lungometraggio della durata di 100’ catapulta lo spettatore tra gli scaffali degli archivi della TV e della radio di Belgrado nel percorso di ricerca delle riprese dei cinegiornali che hanno raccontato la Conferenza di Belgrado del 1961 e il movimento dei Non-Allineati.
Turajlić, presente in sala, ha spiegato come il suo progetto fosse nato inizialmente dalla volontà di raccontare la storia di Labudović, il cameraman di Tito, maresciallo della Jugoslavia fino ai primi anni ’90. I ritrovamenti all’interno degli archivi, però, l’hanno spinta verso la rappresentazione di una storia molto più complessa di quello che appariva inizialmente e, soprattutto, ancora sconosciuta persino a lei.
Il lavoro di ricerca, ristrutturazione, scrittura e postproduzione è durato ben sette anni e ogni fotogramma del documentario è pregnante di un messaggio politico specifico volto a sostenere l’identità e il diritto di auto-determinazione dei popoli. Grazie alla tecnica del Voice Over e ad una studiata operazione di montaggio, infatti, Turajlić è riuscita ad incorporare immagini del passato e del presente, raccontando, con gli occhi di una cinepresa degli anni ’60, la storia di una conferenza che, distaccandosi dagli incerti equilibri della Guerra Fredda, avrebbe potuto rappresentare un’alternativa di pace.
Al di là del messaggio politico, però, si tratta di un’opera di qualità che è riuscita a puntare i riflettori su diverse tematiche, tra cui la propaganda e la creazione di una memoria storica facilmente travisabile. Mi ha molto colpita l’idea che il lavoro di un uomo che fondamentalmente eseguiva gli ordini con una telecamera in mano, abbia rappresentato sessant’anni dopo una testimonianza così importante di un pezzo di storia di cui avevo solo vagamente sentito parlare.
Per concludere, c’è una citazione di Walter Benjamin mostrata durante la proiezione che, in qualche modo, racchiude il significato del lungometraggio Non-Aligned e, forse, anche di tutto il lavoro dietro un festival come Archivio Aperto: “History decays into images, not into stories”.