Israele e Palestina. Un conflitto esploso di nuovo, mai taciuto del tutto, che ha accompagnato le nostre vite. Immagini ancora più cruente grazie alla tecnologia. Le accuse ripetute tra gli esponenti politici e militari. Il caos, la distruzione, la fine del senso umano in un lembo di terra ingestibile. Dal 1948 un macabro refrain.
Le immagini della razzia del rave o della brutalità nei sotterranei di Gaza, della strage nel kibbutz. Tanti pixel rimbalzano dagli schermi e, per un attimo, l’umano si silenzia nell’ignoto della crudeltà. Subito dopo quasi come istinto irrefrenabile le parole danno voce al pensiero e il mondo nel suo quotidiano si polarizza. Qualcuno sta con la Palestina, qualcuno con Israele. La Storia è maestra di vita, le sono indigesti gli schieramenti, le ideologie e i piccoli motti quotidiani da ultras.
Quanti insegnanti oggi si sono trovati a dover spiegare l’inspiegabile? Dare una risposta ai ragazzi che oggi si vedono esplodere notizie su notizie, persi nello sguardo dell’orrore senza avere mezzo strumento per provare a decifrare le proprie sensazioni. D’altronde è abitudine consolidata in molti istituti lo stop delle lezioni quando si avvicina la Guerra Fredda. Come potrebbero avere la minima idea del fatto che Putin e Zelenskij sono a capo di una storia centenaria più che di nazioni?
Se ci fermiamo al 1948 con un libro di Storia, ci fermiamo a un mondo per lo più inesistente, un piccolo mondo antico, a volte abulico per gli scenari attuali. Il 1948 invece è l’anno in cui nasce il nuovo Stato di Israele. Nel 1948 si presentava un mondo scioccato dalla soluzione finale. Un popolo che aveva subito la macellazione della dignità, oltre le varie diaspore.
ANNO 1948
Alla fine dell’anno precedente l’Onu con la risoluzione n.181 dà mandato nell’ex territorio sotto legida britannica per la creazione di due Stati: uno arabo-palestinese e uno ebraico. Il gruppo ebraico Yishav e l’esercito palestinese entrano in contatto. 300000 profughi palestinesi sono costretti a fuggire, la famosa Nakba, e il 14 Maggio lo Yishuv proclama l’indipendenza dello Stato d’Israele. Transgiordania, Siria, Egitto e Iraq vengono sconfitti dall’esercito israeliano.
Questa storia sarà decennale perché interessa nel profondo non due nazioni, ma due popoli nella loro interezza.
GUERRA DEI SEI GIORNI
Dopo una continua espansione degli insediamenti israeliani ai danni dei palestinesi, nel 1967 arriva l’occasione del riscatto, 20 anni dopo per gli arabi in Medio Oriente. Israele è bloccato da più parti ma in solo 6 giorni (la durata darà il nome alla guerra) riesce con uno straordinario intervento dell’aviazione a far ritirare tutti gli eserciti stranieri distruggendo 2\3 dei loro aerei, a conquistare la Città Santa di Gerusalemme (considerato il vero e proprio ritorno a casa), a insediarsi nella Cisgiordania e a instaurare nelle zone un’istituzione di governo militare, arrivando fino al Canale di Suez che lascerà più tardi.
Questa guerra lampo segna uno spartiacque lacerante nella storia del conflitto per vari aspetti:
- Il mondo arabo conosce la potenza di Israele e il grande Egitto è in ginocchio per la guerra persa miseramente.
- I territori dello Stato d’Israele si sono espansi a dismisura fino a toccare insediamenti in altre nazioni, costringendo a un secondo grande esodo i palestinesi, in gran parte in Giordania.
- Nascono all’interno dei due popoli in conflitto due entità politiche che cambieranno la Storia delle nazioni e del mondo. Israele, da sempre laburista, si sposta vertiginosamente a destra (ancora oggi) e un soggetto politico in Palestina ha lo spessore per combattere gli israeliani: il Partito di Al-Fatah con il suo astro nascente Yasser Arafat.
YASSER ARAFAT
Yasser Arafat non solo sarà capo di Al Fatah, ma varrà come unificatore dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), un soggetto politico più trasversale che si dava dal 1964 come missione il rientro del popolo palestinese nei confini pre-1948 e la cacciata dei sionisti (posizioni moderate nel 1988 da Arafat che delineerà la soluzione dei due Stati distinti e separati, e nel 1993 con il riconoscimento pieno dello Stato di Israele).
Da una parte Arafat faceva il giro del mondo per cercare di accaparrarsi influenze amiche e diplomazie, dall’altra era il capo del Comitato Esecutivo dell’OLP, quasi un presidente dichiarato. Il problema per la Palestina e Arafat è che l’OLP cominciava a essere associata al terrorismo, soprattutto quello internazionale. Fu nel 1972 alle Olimpiadi di Monaco di Baviera che un commando dell’OLP rapì e uccise nel villaggio olimpico alcuni atleti israeliani. Il mondo aveva i mostri sbattuti in prima pagina e Arafat cominciava a sentirsi schiacciato tra le lodi di grande mediatore e i discrediti di finanziatore-attore di attività terroristica internazionale.
SETTEMBRE NERO
Nel 1970, dopo due anni di guerra sottesa, gli scontri si trasferiscono in Giordania con quello che passerà alla Storia come il “Settembre nero”. La massiccia presenza di profughi palestinesi in Giordania presentò uno scenario che vedeva ai confini lo zoccolo duro dell’OLP, la quale stava tentando una radicalizzazione della Giordania “palestinese”. Il conflitto tra l’Organizzazione e le autorità giordane finì in un bagno di sangue con più di 5000 morti in un mese. L’OLP, la Siria e gruppi esteri filo-arabi stavano avendo la meglio sulle truppe giordane che dovettero chiamare in aiuto gli Stati Uniti, che coinvolse Israele, per riportare l’ordine.
Dopo questa guerra il colpo di Stato in Siria anti-occidentale, la crescente rivalsa dell’Egitto e tutta una serie di partner, non ultimo l’Iran della Rivoluzione di Khomeini, spinsero la causa della Palestina verso l’islamizzazione soprattutto nella percezione dell’opinione pubblica. Prima dello Stato Islamico e di Al Qaeda, gli attentati della resistenza palestinese simboleggiavano il terrorismo internazionale. Non ultimo e meno efferato l’attentato alla Sinagoga di Roma nell’Ottobre del 1982 dove perse la vita un bambino di 2 anni.
CAMP DAVID 1978
Tra le pietre miliari di questa “storia da dimenticare” si intravedono speranze nel 1978. Dopo 10 anni di trattative, a Camp David negli Stati Uniti, si incontrano il presidente egiziano Anwar al-Sadat e il Primo Ministro israeliano Menachem Begin sotto la mediazione del presidente statunitense Jimmy Carter.
Gli accordi vertevano sulla guerra di confine tra i due Stati e portarono alla pace israelo-egiziana l’anno seguente. A parte la pacificazione tra i confini del Cairo e lo Stato ebraico, in un paragrafo venivano lasciati a una autonoma autorità governante i territori di Cisgiordania e l’odierna Striscia di Gaza. Territori a grande maggioranza palestinese.
PRIMA INTIFADA
La striscia di Gaza e la Cisgiordania entrano così violentemente nella Storia. Gli accordi di Camp David, nelle parti riguardanti la Palestina, sono stati interpretati diversamente da tutti i soggetti (Egitto, Israele e U.S.A.). Quel lembo di terra è ingestibile. Una sovrappopolazione da record, una posizione pericolosa, accerchiata da Stati enormi e dai confini labili, stretta dal mare. In questo lembo ingestibile è cresciuta la radicalizzazione della resistenza palestinese. In questo lembo circoscritto tra Giordania, Egitto e Israele. Nessuno voleva o vuole veramente la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, al massimo possono fungere da avamposti per attacco e difesa o per le risorse idriche (ancora sotto controllo israeliano e a uso palestinese).
Come un triste gioco ciclico per bambini. Piccole distensioni e vari piccoli focolai dall’altra che danno benzina a un fuoco gigante. Se Israele opera militarmente, la resistenza palestinese risponde con il terrorismo, fino al 1987, anno delle Prima Intifada. Proprio dai lembi di terra più ingestibili, dove si incista la radicalità di un popolo compattato che urla un coro unisono. L’Intifada è la rivolta di massa del popolo palestinese per la cacciata degli israeliani dai territori invasi. Nel 1987 partì da un piccolo campo profughi e andò a prendere corpo proprio in quel lembo di terra, fino ad arrivare a una delle capitali simboliche, Gerusalemme Est.
ACCORDI DI OSLO
A Oslo, nel 1993, sempre Arafat e il leader israeliano Rabin stipularono un accordo storico sotto lo sguardo attento di Bill Clinton. Arafat riconosceva lo Stato di Israele e il lo stato ebraico avrebbe riconosciuto l’Autorità Nazionale palestinese che autogovernava i territori di Cisgiordania e Striscia di Gaza, con conseguente ritiro delle truppe israeliane da queste zone. Gli accordi vennero ratificati l’anno stesso e valsero un controverso Nobel per la Pace ai due attori in questione.
NAZIONALISMI
Il nazionalismo come cancro cronico non si ferma neanche davanti a un sintomo di abbraccio e riesce a deflagrare. Questa volta complice è l’estremista Yigal Amir, che in opposizione ai termini degli accordi di Oslo, assassina il presidente Rabin. L’uccisione del leader ebraico presagiva un nuovo corso, nonostante gli accordi, che vedeva rafforzare sempre di più in Israele la destra nazionalista e dalla parte palestinese si affacciava una nuova formazione politica, con un OLP ormai vetusta e un nuovo impeto radicale nelle nuove generazioni. Hamas, organizzazione politico-militare più oltranzista di Arafat, riesce a prendere la pancia dei cittadini assediati e nel 2000 si darà corso alla nuova Intifada.
Da quella nuova sanguinosa rivolta al 2019 si sono alternate rappresaglie palestinesi alle operazioni militari massicce israeliane, con la vittoria alle elezioni di Hamas in Palestina, con la nuova narrazione nazionalista di Nethanyau da presidente israeliano, con una sequela incontenibile di vittime, a maggioranza palestinese, feriti, dispersi, profughi.
Nel 2013 l’ONU riconosce lo Stato della Palestina, nonostante il voto contrario di Israele.
Nel 2019 alla pressione israeliana sulla zona, la Palestina risponde con numerosi attacchi terroristici. Il mondo è in apnea. Si parla di Terza Intifada, ma quella parola, quel numero, non vengono mai pronunciati. Il rischio totale sembrava scampato ma la geopolitica è cambiata, gli interessi in gioco tanti e una situazione che sempre di più andava peggiorando nella tensione giornaliera.
La Storia è maestra e ai posteri l’ardua sentenza, per cui l’analisi e la polarizzazione non vanno strettamente d’accordo. Questa cronistoria di una lotta fratricida tra figli di Sem, così fosca e intricata, mette in risalto sullo sfondo un comportamento pilatesco della Comunità Internazionale, con gli Stati membri, protagonisti indiretti, interessati volti al nuovo gioco geopolitico del momento. Intanto, in un cassetto, la risoluzione n.181 dell’ONU del 1947/48 giace.
…Un arancio cresceva in una radura,
un lembo di terra, ingestibile.