Mentre tutti osservano l’elezione delle nuove componenti europee – chiedendosi se saranno più a destra o più a sinistra, in ogni caso non capendo che siamo noi italiani dei fessi “perché non siam popolo, perché siam divisi” (Mameli la sapeva lunga) – vorrei richiamare la nostra attenzione su un altro dato.
A tutto il 2018 si è verificato un – 4%, rispetto al 2017, sulla natalità. Significa che nel 2018 sono nati circa 130.000 bambini in meno rispetto al 2017. Significa che dal 2014 sono nati circa 600.000 bambini in meno, una quasi metropoli.
Cosa significa? Nella pratica, una cosa della quale, oggi, non piace a nessuno di parlare, che di questo passo entro il 2050 saremo 45 milioni. Con la conseguenza che sempre meno giovani si troveranno a pagare lo scotto di un sistema pensionistico fallimentare a sempre più vecchi.
Giovani che, ovviamente, saranno ancora più indebitati di quelli di oggi, se è vero che la forbice del reddito tra under40 e over60 si allarga sempre più dal 1989, senza sosta.
Giovani che ad oggi, il 72% tra gli under35, dichiarano di vivere ancora con mamma e papà e/o che la loro maggior fonte di sostentamento sono sempre i genitori.
È un dato che, come Paese, dovrebbe farci vergognare: un crollo iniziato nel 2012 e che oggi non vede speranza di inversione, non a breve termine.
Forse è il caso di smetterla di pensare alle suggestioni da Stato etico tanto quanto alle suggestioni da figli dei fiori e pensare a rimettere al centro del villaggio l’istituzione primigenia della società: la famiglia, con una politica volta alla sua tutela.
I bambini non nascono dai sassi e di questo passo nemmeno dagli italiani.