Francia, le banlieue sono tornate a dormire (per ora)

La grande rivolta degli abitanti delle banlieue, i quartieri dormitorio della Francia, è finita. I banlieusard hanno sfogato la loro rabbia, che covava dal 2005 ed è stata innescata dall’ennesimo caso di brutalità poliziesca, e all’Eliseo è ora il momento di considerazioni e riflessioni sull’accaduto.

La grande rivolta delle banlieue, la più grave ed estesa della storia francese, è finita. Tanta è stata la rabbia liberata in otto giorni di devastazioni, violenze e saccheggi, che hanno causato danni per oltre un miliardo di euro, che forse servirà del tempo prima che le periferie scoppino di nuovo. Ma scoppieranno. E a quel punto potrebbe farsi realtà l’incubo più temuto dall’Eliseo: la guerra civile.

Il bollettino di una guerra

Le rivolte scaturite dall’assassinio di Nahel Merzouk, il diciassettenne ucciso a un posto di blocco a Nanterre il 27 giugno, verranno ricordate come le più grandi, gravi ed estese della storia della Francia. Superiori per intensità e violenza alla guerra urbana del 2005.

Il bilancio della otto giorni di pura anarchia, che ha trasformato la Francia nel set di un film distopico mescolante elementi di The Purge e Athena, parla di oltre un miliardo di euro di danni, 5600+ veicoli dati alle fiamme, 3300+ arresti, 1000+ feriti e 1000+ edifici incendiati, tra i quali asili, commissariati, farmacie, scuole superiori e uffici amministrativi.

È stata una vera e propria guerra urbana, nonché una prova tecnica di guerra civile. È stata una guerra dei poveri contro i ricchi e la ricchezza, come emblematizzato dalle centinaia di saccheggi ai supermercati, ai negozi e dalle decine di assalti ai bancomat. Ed è anche stata una guerra del narco-banditismo contro lo Stato, come evidenziato dagli oltre duecentocinquanta commissariati che sono stati distrutti o danneggiati dai bombardamenti di commandi armati di fuochi d’artificio, mitraglie e mortai. A terra tre morti – un vigile del fuoco, un ufficiale governativo, un riottoso – e un ferito grave – la Francia.

La Francia traballa

Emmanuel Macron ha perso il controllo del Paese per otto giorni. Otto giorni durante i quali, caos nella Francia europea a parte, violenze e devastazioni hanno avuto luogo anche nei rancorosi rimasugli coloniali del fu Impero francese, i cosiddetti Territori d’oltremare, colpendo Guadalupa, Guyana francese, La Riunione e Martinica. Sullo sfondo dell’effetto contagio nelle periferie dell’Europa francofona, come Belgio e Svizzera.

Il bollettino di guerra della grande rivolta delle banlieue è l’ultimo di tanti sintomi del declino multiforme sperimentato dal paziente Francia, il cui stato di salute è in continuo peggioramento.

L’Eliseo non ha che un modo per evitare che il malessere, già dilagante, si radichi fino a diventare cancrena: prendere atto del fallimento dell’assimilazionismo e della rottura dell’ascensore sociale, le due cause alla base di tutte le problematiche che hanno provocato questi disordini. Le due cause che hanno trasformato l’isola in un arcipelago composto da atolli non comunicanti. Le due cause che sin dal 2005, o forse persino da prima, hanno gettato la Francia in una guerra civile molecolare.

Il tempo scorre contro l’Eliseo perché la demografia è destino. E la demografia dice che i nuovi francesi non potranno essere segregati ancora a lungo nelle fatiscenti e isolate banlieue. Perché sono in procinto di raggiungere la soglia della massa critica, ovvero è previsto che si avvicinino al 40-50% della popolazione totale nei prossimi decenni, ed esigono la fine dello stato di apartheid informale nel quale vivono. Il graduale superamento dell’ordine BCF (Bianco, Cristiano e Francese), similmente a quanto sta accadendo negli Stati Uniti con l’erosione della maggioranza WASP, non potrà che aggravare il clima di nervosismo etnico.

La sabbia nella clessidra sta finendo. Fallire nel ripristinare la pace sociale potrebbe realmente condurre il Paese verso la guerra civile oppure traghettarlo verso scenari non meno cupi, come la frammentazione, ovvero la secessione dei Territori d’oltremare più livorosi, e la compartimentazione, cioè la cristallizzazione nella Francia europea di zone grigie e di quelli che i servizi segreti chiamano i “territori perduti”.

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