Parlare di linguaggio in generale e al singolare sarebbe un esercizio inutile e addirittura errato: infatti il grande alveo della lingua italiana contiene al suo interno una numerosa serie di linguaggi ciascuno dei quali utilizzato in determinati contesti e da determinate categorie di persone. I linguaggi scientifico, medico, giuridico, politico, giornalistico, ecc. non solo differiscono fra loro, ma assumono efficacia connotativa dei contesti in cui vengono utilizzati e delle persone che li utilizzano.
Il linguaggio giornalistico, così come gli altri, utilizza una serie di termini e di espressioni che profondamente lo caratterizzano al punto di essere diventati veri e propri stereotipi.
Chi scrive non ha certamente l’intenzione di stigmatizzare espressioni quali udienza fiume, visita lampo, personaggio chiave, uomo gol, bomba d’acqua, appartenenti al gergo giornalistico e da questo spesso ormai trasferiti nel nostro abituale linguaggio, quantomeno parlato.
Tuttavia alcune espressioni, particolarmente in uso nella cronaca e soprattutto in quella “nera”, risultano errate linguisticamente, inappropriate e, a modesto avviso di chi scrive, fastidiose.
Una di queste è il termine vittima usato nel senso esclusivo di persona deceduta. Quando leggiamo che un attentato ha provocato due vittime e cinque feriti gravi dobbiamo domandarci: quei cinque feriti gravi non sono anch’essi vittime dell’attentato pur non avendo perso la vita?
Altra espressione censurabile è “nei guai” per indicare una persona inquisita o che rischia provvedimenti giudiziari a suo carico. Quando leggiamo la notizia che è nei guai l’autore di una truffa ai danni di un anziano dovremmo riflettere che i guai maggiori non li ha subiti il truffatore ma il povero anziano truffato.
Ma l’espressione che più di ogni altra merita censura è quella abitualmente adoperata il giorno che segue un arresto importante: prima notte in carcere (o in cella) per … Dovendosi escludere che l’articolo intenda informarci su come il detenuto ha trascorso la notte – se ha dormito bene, se ha russato, se si è mai svegliato, ecc. – è evidente che la funzione dell’articolo stesso è quella di tenere vivo l’interesse nei confronti della notizia dell’arresto data il giorno precedente, pur non essendovi nulla di nuovo da aggiungere. Siamo quindi di fronte a un’espressione stereotipata, e probabilmente infelice, per introdurre un pezzo giornalistico sostanzialmente inutile.
L’uso di certi stereotipi dipende con ogni probabilità da una duplice necessità del cronista: quella di essere rapido (la notizia va data subito) e quella di essere conciso (poco spazio va consumato sulla carta stampata e brevi devono essere le notizie date in televisione). Ma si può ritenere che un po’ di sforzo che consenta di eliminare certi stereotipi senza nulla togliere alla rapidità e alla concisione sarebbe pur sempre possibile e auspicabile.