Inchiostro, speranza e rivoluzione: intervista a Rosario Esposito La Rossa

Anche quest’anno, a Torino, si può trovare un angolo di Napoli. Di Scampia, per la precisione. Lo stand della casa editrice campana Marotta e Cafiero, al Salone del Libro, è sempre affollatissimo e i dipendenti passano le giornate a illustrare la missione dell’azienda, il progetto militante che portano avanti da decenni.

In occasione dell’uscita di Spacciatori di libri, l’opera che racconta la storia della casa editrice e della libreria “La Scugnizzeria”, abbiamo incontrato l’autore Rosario Esposito La Rossa, che è il direttore editoriale della casa. Rosario, direttore anche di Coppola editore, eredita Marotta e Cafiero nel 2010, trasferendo la prestigiosa azienda di Posillipo nella rinnegata periferia napoletana.

In dieci anni, la casa indipendente conquista il suo posto nel mondo grazie a un catalogo solido e coerente, dando vita a progetti interni e paralleli in linea con la filosofia radicale dell’attenzione al sociale. La politica dei prezzi è calmierata, la produzione è a chilometro zero, i materiali completamente biodegradabili, scelti nel totale rispetto dell’ambiente. 

Se l’impatto sul clima è minimo, tuttavia, nel contesto di Scampia il risultato è opposto: contro ogni previsione, la libreria e la casa editrice riescono nell’impresa di portare la lettura nella periferia napoletana, coinvolgendo ragazzi dal passato difficile, con un catalogo tutt’altro che banale. 

Ciò che Rosario racconta, in un angolo dello stand affollatissimo all’interno del Salone del Libro di Torino, è una storia di riscatto a lieto fine; estremamente realistica, eppure, a tratti, quasi magica.

Partiamo dallo specifico, il libro uscito nel 2023: come ce lo vuoi raccontare?

Spacciatori di libri lo considero come un cerchio attorno alla nostra esperienza: dalla nascita della casa a Scampia, fino alla pubblicazione di Stepehn King e all’apertura della prima libreria dell’area nord di Napoli. Volevamo raccontare la favola moderna di un gruppo di scugnizzi che diventano editori e che riescono a pubblicare Daniel Pennac, Gunter Grass, Don Delillo; insomma, una bella storia attuale narrata nero su bianco, che racconta le nostre esperienze. Ci siamo riappropriati del termine spaccio, trasformandoci da semplici scugnizzi in spacciatori di libri, e il volume ci sta dando tanta soddisfazione.

Il libro è molto fotografico, ci sono le immagini di tutti i ragazzi che hanno partecipato a questa avventura, le loro testimonianze. Non l’ho scritto da solo, infatti, hanno collaborato anche loro! E pensare che siamo partiti dalla morte di un ragazzo disabile di 25 anni, mio cugino Antonio Landieri, vittima innocente di camorra, e oggi siamo qui con uno stand di 36 metri quadri al Salone del libro di Torino, dove abbiamo a malapena il tempo di guardarci in faccia. Questo significa che il sogno si è avverato, e quando un sogno si avvera bisogna subito sognarne un altro.

Sono convinto che chiunque lo leggerà, da amante dei libri, si emozionerà, proprio perché parla di chi è riuscito a partire da sottozero e fare un gran salto in avanti.

Marotta e Cafiero è nota per l’attenzione all’oggetto libro, alla cura e alla qualità di materiali, inchiostro e carta. Anche per il progetto e i temi, però, c’è grande dedizione; il vostro forte legame con il territorio colpisce, eppure il catalogo è ampio, spazia, si apre al mondo. Come riuscite a mantenere saldo e coerente questo rapporto tra locale e globale?

In una prima fase ci siamo occupati esclusivamente di sociale locale, di narrativa civile dedicata soprattutto a Napoli e alla Campania. Poi, con il passare degli anni, abbiamo iniziato a interessarci dei “sud del mondo”; oggi pubblichiamo libri da ventiquattro paesi, cinque continenti e in nove lingue, ma trattando di favelas, di bambini-soldato, di hiv. Il tema fondativo, dunque, rimane la narrativa civile. Questa, poi, abbiamo provato a trasformarla in letteratura stupefacente. Come? Curando i libri nei minimi dettagli, dalla qualità della carta, al taglio nell’angolo in basso, agli Spotify code interni, fino all’utilizzo dell’inchiostro biodegradabile. La cura del libro comprende ogni dimensione e arriva al singolo dettaglio. 

Uno sguardo al futuro: dato il vostro successo, avete intenzione di espandervi e tentare altre iniziative?

A livello sociale abbiamo tante cose in cantiere. A ottobre, per esempio, abbiamo inaugurato l’Ospedale dei libri, un museo tipografico in cui stampiamo poster come faceva Gutenberg, con caratteri mobili di fine Ottocento; con oltre 1100 ragazzi in gita solo da gennaio, possiamo dire che sta avendo un successo strabiliante. Il 6 luglio, invece, accanto alla libreria aprirà una pizzeria gestita da ragazzi diversamente abili, provenienti dai reparti di salute mentale. 

La nostra parte sociale, dunque, la faremo sul territorio, continuando a supportarla attraverso il catalogo e ai suoi temi.

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