Bene e male, giusto e sbagliato, salvezza e condanna. La linea sottile che separa una società “sana” da ciò che è altro viene raccontata “Da una casa di morti” al Teatro dell’Opera di Roma, in scena dal 23 al 30 maggio.
Un appuntamento attesissimo per questa stagione del lirico capitolino, realizzato in coproduzione internazionale con Londra, Bruxelles e Lione e inserito all’interno del progetto triennale su Janáček, che lo scorso anno aveva visto in scena al Costanzi Káťa Kabanová e che si concluderà nel maggio del 2024 con la rappresentazione di Jenůfa.
L’opera, tratta dalle omonime memorie romanzate di Fëdor Dostoevskij, segna il debutto operistico in Italia per il grande regista polacco Leone d’Oro a La Biennale Teatro Krzysztof Warlikowski e per il giovane direttore Dmitry Matvienko con l’Orchestra dell’Opera di Roma.
“È un’opera trasgressiva, un’anti-opera dove non c’è un eroe come protagonista, ma un’intera comunità” spiega Warlikowski, che attraverso una rottura dei tradizionali schemi drammaturgici ci porta all’interno della prigione nella quale è ambientata la vicenda. Un mondo duro e spietato, una realtà cruda che lega insieme le storie dei detenuti e che porta lo spettatore a chiedersi quale sia la funzione del giudice all’interno della società.
L’opera, divisa in tre atti, comincia con l’arrivo nella prigione di un nuovo detenuto, Alexander Petrovič Gorjančikov, che viene presentato come un prigioniero politico. Una “vittima innocente”, come verrà rilevato alla fine della storia, che si ritrova ad abbandonare i suoi effetti personali per diventare un uomo colpevole, assieme ai suoi compagni di detenzione.
Janáček non giudica, ma fornisce una lettura di Dostoevskij attraverso la sua musica, restituendo una visione dura e unica delle contraddizioni della società e delle ombre dell’animo umano.
“Sono storie che ci parlano di temi universali e che incrociano le nostre sensibilità di oggi – dichiara il sovrintendente Francesco Giambrone –. Credo che il teatro sia un luogo in cui si debba pensare, riflettere, e che debba anche turbarci da un punto di vista emotivo, interrogarci sul tempo del presente e non solo sulle storie del passato”.
Matvienko dirigerà una partitura “limpida”, basata su un’edizione critica del 2017 curata dal musicologo britannico John Tyrrell e da Charles Mackerras, che è stata ripulita il più possibile dalle integrazioni successive apportate nel corso degli anni dai direttori d’orchetsra e dai critici che si sono occupati dell’opera. La particolarità, racconta poi il maestro bierlorusso, è la grande libertà che Janáček lascia al direttore nella scelta degli strumenti a percussione. “Abbiamo scelto di utilizzare quanto più possibile dei suoi autentici che possano far immergere lo spettatore nell’atmosfera nella quale vivono i detenuti. Al posto dei piatti tradizionali useremo coperchi di pentole, così da riprodurre i suoni più plausibili all’interno di un campo di prigionia”.
Accanto a Warlikowski e Matvienko, vi è un cast internazionale che vede in primo piano il basso-baritono statunitense Mark S. Doss – che torna a Roma dopo The Bassarids di Hans Werner Henze del 2014 – nel ruolo di Alexandr Petrovič Gorjančikov e il tenore Pascal Charbonneau nelle vesti del giovane tartaro Aljeja. Tra i tenori anche Štefan Margita (Filka Morozov), Erin Caves (Il grande prigioniero), Julian Hubbard (Skuratov), Marcello Nardis (Kedril), Pawel Żak (Il giovane prigioniero), Michael J. Scott (Šapkin), Christopher Lemmings (Čerevin) e Colin Judson (Il vecchio prigioniero), i baritoni sono Lukáš Zeman (Il piccolo prigioniero Nikita/Čekunov/Cuoco), Aleš Jenis (Il fabbro/Un prigioniero) e Leigh Melrose (Šiškov), il basso è Clive Bayley (Il direttore della prigione). Completano il cast Eduardo Niave (il prigioniero ubriaco), talento di “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, Carolyn Sproule, unica voce femminile nel ruolo della prostituta, Maestro del coro è Ciro Visco. In linea con la produzione della Royal Opera House di Londra del 2018, la drammaturgia è a cura di Christian Longchamp e le scene e i costumi sono di Małgorzata Szczęśniak. Alle luci Felice Ross e ai video Denis Guéguin. I movimenti coreografici sono di Claude Bardouil.
La prima rappresentazione al Costanzi si terrà martedì 23 maggio alle ore 20 e sarà trasmessa anche in diretta su Rai Radio3. Domenica 21 maggio alle 16.30 è prevista un’anteprima per i giovani con meno di 26 anni.