Fin dal 1861 l’Italia ha sempre avuto come punto cardine strategico il Mediterraneo. È da ricordare ad esempio la guerra italo-turca (o guerra di Libia), con la quale, tra il 1911 e il 1912, l’Italia dichiarò guerra all’Impero Ottomano, molto indebolito, per strappargli il controllo della Libia. Una volta firmato il trattato di Losanna, l’Italia infatti ricevette la Libia e continuò ad occupare il Dodecaneso di Rodi.
Anche in epoche successive l’Italia continuò a mantenere il suo focus sostanzialmente sul Mediterraneo, pensando che, per far grande il Paese, bisognasse avere un ruolo ben definito nel Mediterraneo.
Successivamente, in seguito al secondo conflitto mondiale e all’ascesa definitiva degli Stati Uniti d’America come principale potenza in Occidente, in contrapposizione all’Unione Sovietica, il nostro Paese si è concentrato soprattutto a mantenere il suo posto nel blocco occidentale, che includeva tutti i paesi del Patto Atlantico.
Negli anni recenti si è assistito ad un aumento massiccio del fenomeno migratorio all’interno del Mediterraneo, che lo ha visto nuovamente al centro del dibattito nazionale, questa volta però non come opportunità, ma come causa di drammatici avvenimenti.
Oggi, infatti, ci si è abituati ad associare il mar Mediterraneo soltanto con l’immigrazione, senza pensare che la posizione geografica italiana è senza dubbio la sua più grande forza, che quindi deve essere sfruttata.
Un altro Paese che nel Mediterraneo sta mostrando i muscoli è la Turchia, la quale sta affiancando all’uso della forza anche una lucidità diplomatica non indifferente, consentendo al Paese di diventare uno degli attori più importanti nello scacchiere del Mediterraneo, tentando anche di ergersi a mediatore tra Putin e Zelensky per cercare di trovare una soluzione alla guerra tra Russia e Ucraina.
Al netto di alcune difficoltà che Erdogan vive sul fronte interno, L’Italia deve approfittare del momento critico dal punto di vista della gestione della politica nazionale turca: sarà necessario riavvicinarsi all’Albania, al cui interno si iniziava a sentire già da qualche tempo l’influenza di Erdogan, in modo tale da avere una base solida dalla quale iniziare ad esercitare un’influenza nei Balcani, oltre ad avere la possibilità di controllare l’accesso al mare Adriatico; sarà opportuno tessere degli accordi con gli Stati del Nordafrica per cercare di regolamentare il flusso dei migranti, con particolare attenzione a Libia e Tunisia; e infine bisognerà sostenere anche lo Stato d’Israele, avamposto strategico dell’Occidente in Medio Oriente.
Questa gara per avere più influenza di altri nel Mediterraneo, soprattutto a spese del Belpaese, la Turchia l’ha iniziata anni fa, e ad oggi ha accumulato senza dubbio un discreto vantaggio nei confronti dell’Italia, che comunque mantiene alcuni suoi “privilegi” derivati dalla posizione geografica, perfettamente al centro del Mediterrane. Tutto questo però, non è sufficiente per contenere la spinta turca: bisogna agire presto se non si vuol rischiare un ridimensionamento italiano nel mar Mediterraneo, che è stato e sarà sempre il centro nevralgico della sua politica estera.