Il Governo, con l’approvazione del disegno di legge sulla riforma fiscale 2023 nel Consiglio dei Ministri del 16 marzo, ha approvato la legge delega relativa alla riforma fiscale, che prevede tra i principali strumenti le modifiche per IRPEF, IRES e IVA, semplificazioni fiscali.
Meno tasse, un nuovo rapporto tra Stato e contribuente, lotta all’evasione preventiva e non repressiva: sono i tre obiettivi indicati dalla premier Giorgia Meloni durante la conferenza stampa del 16.03.2023 e confermati dal testo approvato in CdM. Tale testo prevede anche incentivi fiscali per investimenti e assunzioni, meccanismi premiali per le regolarizzazioni spontanee ed un concordato preventivo biennale.
Tuttavia, è possibile fornire alcune informazioni generali sull’IRPEF. Attualmente, l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) in Italia prevede una progressione a scaglioni, con una aliquota marginale massima del 43%. Gli scaglioni attuali sono 4 e vanno da un minimo di reddito imponibile annuo di 0 euro fino ad un massimo di 50.000 euro. Dopo l’ultima riforma e con la Circolare n. 4 del 18 febbraio 2022, a partire dal 2022, le aliquote e gli scaglioni dell’Irpef sono, in altri termini, i seguenti:
- Fino a 15.000 euro, aliquota al 23%;
- Da 15.000 euro e fino a 28.000 euro, aliquota al 25%;
- Da 28.000 euro e fino a 50.000 euro, aliquota al 35%;
- Oltre 50.000 euro, aliquota al 43%.
Ma ci si domanda: cosa cambierà con la nuova riforma fiscale? In cantiere c’è, appunto, la riduzione da quattro a tre aliquote Irpef, accorpando i primi due scaglioni. Qual è, quindi, una delle ipotesi? Si pensa alla seguente possibilità:
- Fino a 28.000 euro, aliquota al 23%;
- Da 28.000 euro a 50.000 euro, aliquota al 35%;
- Oltre 50.000 euro, aliquota al 43%.
Inoltre si ipotizza anche un’altra rimodulazione delle percentuali per la seconda fascia dello scaglione, come di seguito:
- Fino a 28.000 euro, aliquota al 23%;
- Da 28.000 euro a 50.000 euro, aliquota al 33% o anche al 27%;
- Oltre 50.000 euro, aliquota al 43%.
Resta certo però che ad oggi non si ha ancora la conferma di queste ipotesi, in quanto si tratta ancora di una bozza, ma senza dubbio occorre precisare che tale riforma è molto attesa, dato che l’ultima significativa risale agli anni ’70.
Come ulteriore articolo nella bozza viene posta anche all’IRES. Per le imprese si passerà a due aliquote Ires, con una riduzione per i redditi destinati a investimenti e nuova occupazione a cui corrisponderà la razionalizzazione o eliminazione degli attuali crediti d’imposta.
Il costo per sostenere la riforma si aggira attorno ai 6 miliardi di euro, ricavati dalla copertura del taglio delle agevolazioni fiscali, e forse anche dai “facili” tagli alla sanità e all’istruzione… sicuramente ne vedremo delle belle in tal senso, per trovare nuovi modi “virtuosi” per ottenere i soldi necessari alla copertura della finanziaria.
In altri termini: come è possibile immaginare, l’onere del costo è molto elevato, forse troppo!
Ma all’estero come funziona? Prendiamo come riferimento la Germania, che ha un sistema virtuoso anche per quanto concerne il fisco. Difatti in Germania, non vi è una riduzione delle aliquote contributive, bensì un sistema di aliquota progressiva che viene differenziata in base ai redditi da lavoro dipendente e nucleo famigliare. Andiamo con ordine, più nello specifico si afferma che:
- Fino 9.744 € c’è l’esenzione e l’imposta fiscale è 0.
- Da 9.745 € a 14,753 € all’imposta si applica un’aliquota progressiva che cresce al crescere del reddito a partire dal 15%,
- Da 14.754 € a 57.918 € all’imposta si applica un’aliquota progressiva che cresce al crescere del reddito;
- Da 57.919 € a 274.612 € l’aliquota è del 42%;
- Da 274.613 € l’aliquota è del 45%.
In Germania, dunque, a differenza delle misere misure italiane, vi è anche il cumulo dei redditi fra i coniugi e pertanto il legislatore ha provveduto ad applicare un’aliquota diversa e più bassa di quella applicata invece al singolo. In Italia il legislatore non ha ancora sviluppato questa sensibilità nei confronti dei contribuenti e delle famiglie. Speriamo per ora!
In altri termini non occorre cercare di ridurre gli scaglioni, che poi daranno come esito pensioni future sempre più basse per le fasce svantaggiate, bensì il legislatore dovrebbe investire ed aumentare i redditi, nonché rivedere le politiche per le imprese che vogliono assumere dipendenti.