Novità sulla riorganizzazione del Gruppo Tim: CdpEquity S.p.A. e Macquarie Investment Management Ltd hanno presentato quello che molti attendevano: un’offerta non vincolante per l’acquisto del 100% del capitale sociale di NetCo, la futura società in cui il Gruppo Tim farebbe confluire la rete di telecomunicazione nazionale.
Come avevamo avuto modo di descrivere nel nostro articolo di dicembre (https://www.lanternaweb.it/tim-tra-investimenti-e-scorpori1/), l’idea di NetCo nasce dal Piano Strategico 2022-2024 varato dall’AD di Tim Labriola: una società di nuova costituzione in cui verranno conferiti la rete di telecomunicazione italiana, la gestione di FiberCop (fibra ottica) e Sparkle (operatore estero di Tim), al fine di poter razionalizzare e potenziare gli investimenti nella rete.
Non è la prima volta che Cdp Equity mostra il suo appetito per la rete di Tim: per essere costituita, NetCo necessita di controllare il 100% della rete nazionale, il che presuppone una fusione con Open Fiber S.p.A., partecipata al 60% proprio da Cdp, che infatti aveva già presentato un’offerta andata a vuoto e si era incontrata ai tavoli di negoziazione del MIMIT con Governo, Telecom Italia S.p.A. e Vivendi S.E.
La scelta del partner dell’offerta non è stata casuale: Macquarie partecipa al restante 40% in Open Fiber.
L’offerta Cdp-Macquarie ammonterebbe quindi a circa 20 mld€, di cui 8 mld a debito finanziario, 2 mld di mezzi propri (presentati come earn-out all’avveramento di condizioni sospensive) e circa 10 mld in liquidità. L’acquirente de iure (cioè la società di Cdp su cui tali risorse verrebbero caricate per l’acquisizione) non sarebbe Open Fiber, ma una nuova società costituita ad hoc.
Si stima che l’offerta sia tanto più allettante per Tim non tanto in base all’importo assoluto, quanto più alla componente in cassa, che consentirebbe al Gruppo di riassestare in tempi brevi la sua ingente esposizione finanziaria. A quel punto Tim cederebbe volentieri NetCo.
Oltre al fatto che rispetto alle altre offerte quella di Cdpprezza maggiormente la rete, altro elemento interessantesembrerebbe essere la tutela dei posti di lavoro, che nella loro ultima offerta gli americani del fondo Kkr avevanoipotizzato venissero riassorbiti dalla gemella ServCo (la neocostituita in cui Tim conferirà i servizi).
A questo proposito, ricordiamo che il fondo americano Kkr& Co. L.P. ha sempre giocato in solitaria, e contro gli interessi dei francesi di Vivendi S.A.: dopo un’offerta amichevole nel 2021 si è esposto il 2 febbraio offrendo 20 mld€, di cui 50% a mezzi propri e 50% in debito finanziario. Niente liquidità.
In ultimo, i francesi di Vivendi avevano offerto ben 31 mld€.
Proprio questi costanti scarti competitivi tra le offerte, normalissimi secondo le logiche di mercato, starebbero facendo meditare il Governo, che vede nella cessione di un bene prezioso come la rete un problema di sicurezza nazionale e che più volte ha agito in rallentamento delle valutazioni delle proposte.
Nell’ottica dell’interesse pubblico, la proposta di CdPproseguirebbe, sì, una gestione italiana della rete, ma potrebbe esporre a sanzioni Antitrust comunitaria. Invece, gli americani di Kkr potrebbero incorrere nei veti che il Governo avrebbe facoltà di imporre usando la goldenshare.
Fonti di stampa stimano che se Cdp, Macquarie e Kkrtrovassero un accordo comune, il Governo sarebbe meno propenso a opporre rilievi.
In ogni caso la partita si giocherà in CdA, dove i francesi di Vivendi peraltro non saranno rappresentati in quanto Puyfontaine e Cadoret si sono dimessi.
La proposta Cdp-Macquarie scadrà il 31 marzo, e dovrà essere valutata prima dal Comitato Parti Correlate e poi dal CdA di Tim, che già si riunisce il 15 per l’approvazione del bilancio.