Va fatto un enorme distinguo tra ciò che é accaduto in Olanda (anche se arrivano le prime smentite sull’articolo pubblicato ieri da L’Avvenire), la funzione sociale – di pietas – che rappresenta l’eutanasia e la sua massima stortura sociale, che non é meritevole di accoglimento.
Ieri una ragazzina olandese di 17 anni, vittima di abusi multipli da quando era in fasce, avrebbe deciso (Avvenire, poi riportato da altri organi di stampa) di ricorrere all’eutanasia per porre fine al suo dolore esistenziale. In attesa di conferme, mi limito a dire: nessuno può comprendere i dolori dell’esistenza personale, farne un appiglio per sostenere delle posizioni é becero.
L’eutanasia, nella sua massima aspirazione, é un mezzo per porre fine ai dolori più atroci dell’esistenza, quelli che ci privano della stessa dignità umana di cui si fanno portavoce i radicali del cristianesimo. Poniamoci la seguente domanda: vorremmo agonizzare tra malattie terminali dolorosissime o in uno stato di tetraplegia perenne o con dei tumori spaventosi che possono ridurre l’essere umano a vegetale? Perché il dolore, in quel caso, non é solo personale, ma viene vissuto anche da chi ci ama, che ci vedrà appassire tra mille dolori o in uno stato di perenne incoscienza, destinati ad una fine in cui non vi é gloria né sollievo momentaneo. In tal caso non sarebbe un diritto umano decidere di porre fine a tali dolori spaventosi, appurato che non vi é via di scampo?
Altro caso é quello che si verifica in Olanda dove, pur sussistendo (come in tutti i Paesi in cui vige l’eutanasia come misura legale) la necessità di approfondite indagini mediche e psichiatriche, l’eutanasia é concessa a partire dai 12 anni, età in cui il consenso dell’individuo ancora non può esser perfettamente cosciente, prescindendo dalla terminalità o meno di eventuali malattie. Questa é la stortura di un rimedio che rischia di essere un male, e non é neanche figlio di una visione liberale, ma lassista, della società. Una visione che non merita accoglimento in quanto questa, si, riduce l’esistenza a gioco e non tutela minimamente la sacralità della vita.
Come in ogni cosa, la verità sta nel mezzo: non ci si permetta di dire che l’eutanasia é il male (di Mali REALI la società é piena), né ci si permetta di dire che deve essere alla portata di tutti, per qualsivoglia ragione.
Gli estremismi producono mostri e di gente savia in giro se ne vede sempre meno.