Iran: 44 anni di regime

11 febbraio 1979 – 11 febbraio 2023: centinaia di migliaia di iraniani sono scesi in piazza per commemorare l’anniversario della Rivoluzione islamica del 1979 che ha rovesciato lo Scià Resa Pahlavi è instaurato il regime teocratico sciita guidato dall’Ayatollah Khomeini. Bandiere verdi bianco e rosse sventolate al cielo, poster degli ayatollah e slogan inneggianti: la capitale riprende il volto di Khomeini. Tutti i graffiti della protesta sono stati ricoperti, ormai è da dicembre che non ci sono più manifestazioni stando alle testimonianze del giornalista del giornale riformista Shargh, una delle redazioni più colpita dagli arresti dopo la morte di Mahsa Amini.

Non ci sono più manifestazioni, ma i sentimenti e i gesti simbolici persistono anche dopo le promesse del regime. Gli ayatollah avevano garantito una grande amnistia nei confronti dei dissidenti: infatti, liberi su ordine della Guida suprema un gran numero di detenuti, compresi alcuni arrestati durante le proteste. È stato liberato il celebre regista Jafar Panahi, la giornalista Nooshin Jafari e la sociologa Neda Mohseni. Con loro anche il medico e attività per i diritti umani Farhad Meysami, arrestato nel luglio 2018 e rilasciato dal regime perché ha scontato la sua pena. Per lui si erano mobilitate migliaia di persone, anche dall’estero, dopo che aveva iniziato da diverse settimane lo sciopero della fame. Diverse le foto sui social a testimonianza delle sue condizioni, ormai pelle e ossa.

Il giornale Sharg riferisce che hanno ricevuto la grazia del regime anche Hossein Yazdi, attivista politico e giornalista manager del sito web Mobin 24 e del canale di notizie Iran Times, imprigionato preso Dastgerd a Isfahan. Arrestato lo scorso 5 dicembre, Yazdi era stato condannato ad un anno di carcere e a due anni di divieto di viaggio. In più, sono state scarcerate altre donne attiviste e giornaliste rinchiuse nella prigione di Evin a Teheran. Tra loro, la ricercatrice franco-iraniana Farina Adelkhah, arrestata nel 2019 e condannata a 5 anni di carcere con l’accusa di aver minato la sicurezza nazionale. Non si sa nulla di certo sulle reali accuse che hanno portato alla sua carcerazione, anche perché è stato chiesto ai suoi familiari di mantenere l’anonimato.

Abbasso gli Stati Uniti

Abbasso Israele

Abbasso il Regno Unito

Questi sono alcuni dei principali slogan che si leggono in piazza, prendendo di mira tutti quei paesi considerati nemici storici del regime attualmente al potere. Un regime che per proteggere i suoi sostenitori da eventuali “sorprese” ha schierato in piazza i missili sejjil e 136 droni shahed prodotti dall’Iran.

Un vero teatro di contraddizioni e antitesi in cui la fanno da padrona i sentimenti contrapposti del popolo iraniano: celebrazioni gioiose per l’anniversario del regime a quasi cinque mesi dall’inizio del movimento di protesta #MahsaAmini Donna, Vita, Libertà. Una rivolta iniziata con veli sventolati e bruciati per le strade iraniane che rivelato il vero volto del Paese, una voragine incolmabile tra generazioni. Da un lato gli anziani che sostengono il regime e dall’altro migliaia di giovani e giovanissime di età media di 20 anni che chiedono interventi mirati al governo: riforme sociali, economiche e ambientali urgenti. Una generazione quest’ultima che ha mostrato molto coraggio, ambizione ma soprattutto amore per il proprio Paese battendosi, anche a costo della propria vita, per un’esistenza migliore di quella che attualmente hanno.

La causa accolta a Sanremo

La Rivoluzione iraniana è stata oggetto di commozione e di grande riflessione anche sul palco dell’Ariston nella serata del 9 febbraio, attraverso il monologo della giovane attivista italiana di origini iraniane Pegah Moshir Pour, 31 anni, sostenuta da Drusilla Foer.

Buonasera a tutte e a tutti, mi chiamo Pegah Moshir Pour

Italiana di origine Iraniana, nata tra i racconti del “Libro dei Re”,

cresciuta tra i versi de “La Divina Commedia”.

Consulente e Attivista dei diritti umani e digitali.

In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata

e non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico.

Perché sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa.

E per questo, come molte ragazze e ragazzi del mio paese,

Ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce ad una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e di repressione,

in uno dei paesi più belli al mondo, uno scrigno dei Patrimoni dell’Umanità.

La parola Paradiso deriva dall’antico termine persiano Pardis, giardino protetto.

Allora io vi chiedo: esiste un Paradiso Forzato?

Ahimè sì, come altro si può chiamare un luogo dove il regime uccide persino i bambini?

Dal 16 settembre 2022, da quando Mahsa Jina Amini,

una ragazza colpevole solo di essere sospettata di non indossare in modo corretto il velo,

è stata uccisa dalla Polizia Morale, il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue

il diritto a difendere il proprio paradiso.

Io vi ringrazio a nome di tutti i ragazzi iraniani perché ricordate al mondo che la musica è un diritto umano.

E per spiegare meglio il dramma che i miei coetanei stanno vivendo nel nostro paese, vorrei usare la melodia e le parole di una canzone che è diventata l’inno della rivoluzione.

L’ha composta Shervin Ajipour,

musicando ì tweet che i ragazzi hanno scritto sulle libertà negate.

Shervin per questo è stato arrestato è il suo account silenziato.

La canzone si chiama Baraye, che in italiano vuol dire Per…

Drusilla: Per poter ballare per strada

Pegah: In Iran si rischiano fino a 10 anni di prigione se si balla per strada L si ascolta musica occidentale

Drusilla: Per paura di baciarsi

Pegah: In Iran è proibito baciarsi e stare mano nella mano con la persona che ami

Drusilla: Per mia sorella, tua sorella e le nostre sorelle

Pegah: In Iran si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità

Drusilla: Per l’imbarazzo e la vergogna

Pegah: Più di 20 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, senza soldi per mangiare

Drusilla: Per i bambini che perdono i loro sogni

Pegah: Sono moltissimi i bambini sfruttati, che chiedono l’elemosina e vivono raccogliendo i rifiuti

Drusilla: Per i cani innocenti proibiti

Pegah: Il regime uccide i cani sia di proprietà che di strada

Drusilla: Per queste lacrime e questo pianto ininterrotto

Per questo paradiso forzato

Per gli intellettuali imprigionati

Pegah: Nella prigione di Evin ci sono più di diciottomila tra intellettuali, dissidenti e prigionieri politici che spariscono nel silenzio

Drusilla: Per i bambini rifugiati afghani

Pegah: In Iran ci sono più di 1 milione di profughi afghani, perseguitati senza possibilità di ricostruirsi una vita

Drusilla: Per sentire il senso di pace

Per il sorgere del sole dopo lunghe notti

Per la ragazza che desiderava essere un ragazzo

Pegah: In Iran essere omosessuali è punito con l’impiccagione

Drusilla: Per Donna, Vita, Libertà

Pegah: Le parole chiave della rivoluzione

Per la libertà

Per la libertà

Per la libertà

1 commento

  1. Ragioni anagrafiche fanno sì che io ricordi la rivoluzione islamica del 1979. Provavo autentico fastidio per quanto stava accadendo in Iran. Eppure molti, anche in Italia, soprattutto una certa sinistra, sembravano apprezzare quella rivoluzione il cui bersaglio era lo Scià, “amico” degli Stati Uniti. Il tutto in nome di un antiamericanismo che definirei viscerale, puramente ideologico e per me del tutto incomprensibile.

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