Il 27 gennaio è un giorno di commemorazione che tutti noi conosciamo bene: La Giornata della Memoria. Tale giorno ha come scopo quello di ricordare le 15 milioni di vittime di quell’inferno chiamato Olocausto. Nel corso degli anni sono stati girati numerosi film a riguardo ed ogni anno vengono organizzate mostre, esposizioni, congressi, dibattiti, e tante altre illustri iniziative. L’obiettivo è sempre uno: quello di non dimenticare.
Anche “il Maestrone” del cantautoresimo italiano, Francesco Guccini, affrontò l’orrore dello sterminio degli ebrei, componendo un tanto toccante quanto meraviglioso brano: Auschwitz, anche conosciuto come La canzone del bambino nel vento.
Francesco Guccini e il suo Auschwitz
Per Guccini non servono presentazioni. Classe 1940, uno dei cantautori più famosi ed apprezzati di sempre del panorama italiano. Le sue canzoni sono veri e propri componimenti poetici, ricchi sempre di un significato politico e sociale. Tra i suoi successi si annoverano: La locomotiva, Cyrano, Dio è morto, Farewell ecc.
Nel 1964, quando Guccini era ancora solo uno studente di Lettere, scrisse su un foglio di quaderno la canzone Auschwitz. L’ispirazione arrivò dopo aver letto due opere che trattavano della tragedia dell’Olocausto: Il flagello della svastica, saggio di Lord Russell (1955) e Tu passerai per il camino, romanzo autobiografico di Vincenzo Pappalettera. In quest’ultimo romanzo lo scrittore, deportato poiché attivo nella resistenza, parlò della sua esperienza nei campi di concentramento. Grazie al romanzo, lo scrittore vinse il premio Bancarella del 1966. Ai tempi Francesco Guccini non era stato ancora ad Auschwitz. Infatti, visiterà il luogo solo molti anni dopo la scrittura del brano, nel 2016.
La canzone non venne, però, inizialmente cantata da Guccini: «È stata poi cantata dall’Equipe 84», spiega Guccini, «io non avevo nessuna intenzione di fare il cantautore da grande, non ci pensavo neanche e non ero iscritto alla Siae. Quindi la prima versione di Auschwitz è stata firmata da due prestanome (Ovvero Lunero e Maurizio Vandelli).
Gli Equipe 84, la registrò e la mise come lato B del 45 giri “Bang Bang”, versione italiana del brano di Sonny e Cher. L’anno successivo la canzone fu registrata da Francesco Guccini ed inserita nella raccolta Folk beat n. 1, con il titolo La canzone del bambino nel vento (Auschwitz); Guccini lottò per riottenere la paternità legale del brano, che riuscì a riprendersi solo molti anni dopo. L’esordiente Guccini interpretò per la prima volta la canzone nel marzo 1967, nel programma “Diamoci del tu”, presentato da Caterina Caselli e Giorgio Gaber.
Il giovane riuscì a conquistare e ad emozionare il pubblico e la canzone venne accolta positivamente, entrando nell’immaginario collettivo degli ascoltatori. Ne fecero una cover anche I Nomadi, inserita nell’album Ma che film la vita. Nel 1994 il cantante inglese Rod MacDonald la reinterpretò e la ricantò per il mercato straniero e nel 2019 anche Elisa ne ha inciso una cover, inclusa nella raccolta di Gucci Note di viaggio – Capitolo 1: venite avanti….
La poesia del testo
Auschwitz è una canzone dalla potenza unica, le cui parole sono ricche di una verità storica importante e il testo è poesia pura. Riesce a raccontare a pieno la tragica esperienza della Shoah, commuovendo chiunque la ascolti.
Il brano è si divide in due parti. Nella prima vi è il racconto di una vittima, un bambino:
Son morto con altri cento,
son morto che ero bambino,
passato per il camino
e adesso sono nel vento.
L’inizio presenta subito il tema della morte, quella di milioni e milioni di innocenti, tra cui innumerevoli bambini, i più fragili. Le loro vite sono state strappate via nelle camere a gas e le loro anime si fondono nel vento.
Ad Auschwitz c’era la neve,
Il fumo saliva lento
Nel freddo giorno d’inverno
E adesso sono nel vento,
E adesso sono nel vento
Lo scenario è quello rigido e cupo dell’inverno, di fame e stenti. Il fumo è quello delle infernali camere a gas ma potrebbe anche ricordare un ambiente lontano dall’orrore del Nazismo: la casa.
Ad Auschwitz tante persone,
Ma un solo grande silenzio:
è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento,
A sorridere qui nel vento…
Questa parte rievoca gli uccisi, i quali vennero disumanizzati, umiliati e lasciati in mano alla malvagità di chi comandava; la loro voce, in quell’inferno, rimase inascoltata. Il bambino, la prima voce della canzone, è il simbolo di un dolore collettivo, la cui felicità è stata ignobilmente spazzata via.
Io chiedo come può l’uomo
Uccidere un suo fratello
Eppure siamo a milioni
In polvere qui nel vento,
In polvere qui nel vento
Con queste strofe si apre la seconda parte del testo, quella del poeta. Egli si chiede come gli esseri umani possano uccidersi tra loro. Come può esistere una brutalità simile? La domanda rimane aperta e le vittime di questa follia chiamato potere sono incalcolabili.
Il finale di Auschwitz presenta due versioni. Quella degli Equipe 84, che recita:
Ancora tuona il cannone
Ancora non è contenta
Di sangue la bestia umana
E ancora ci porta il vento
E ancora ci porta il vento
In questo finale, si parla del presente. I conflitti non sono cessati e gli esseri umani continuano ancora ad uccidere gli innocenti, la cui anima è ancorata al vento per sempre.
La domanda che si poneva il maestro in questo brano che risale al 1964, risuona ancora oggi e tutti noi viviamo con la speranza che ogni, pregiudizio, ogni conflitto, ogni uccisione, un giorno possa cessare; solo allora, come dice Guccini in chiusura del brano: Il vento cesserà.
Articolo molto delicato che affronta un tema importante come la shoah
Il brano di Guccini è il più conosciuto ed è Un brano di profonda denuncia nel quale il cantautore affronta il delicato tema dell’Olocausto.
Brava Flavia
Bellissimo articolo!!
Valorizza ancor di più quello che questa composizione rappresenta.