Questa frase provocatoria di Henry David Thoreau mi sembra la più idonea a inquadrare il momento storico-politico che stiamo attraversando.
Premetto che il seguente articolo va letto tenendo presente che si tratta di una pura analisi storica e una conseguente considerazione finale.
Infatti vi sono nella storia casi emblematici nei quali la condanna comminata non risulta essere un’infamia ai danni del condannato grande tanto quanto è l’infamia per colui che l’ha emanata; questi concetti sono bene esposti in un recente editoriale dello storico Francesco Perfetti che ricorda i casi che hanno visti coinvolti da Dante, Pellico e Maroncelli, Dreyfus, fino a Guareschi, Sogno e Tortora.
Il caso del sommo poeta fiorentino, cronologicamente il più lontano da noi, si riferisce ad una condanna assai più grave del carcere. Egli infatti venne condannato al rogo e alla distruzione della casa sicchè Dante si ritrovò costretto a girovagare qua e la’ presso le varie corti delle signorie italiche, il che fece coniare al Foscolo il soprannome di “ghibbelin fuggiasco”. Nessuno certo collega il nome dell’Alighieri all’infamia della condanna subita per motivi esclusivamente politici.
Che dire poi dello scrittore e patriota risorgimentale Silvio Pellico che assieme a Piero Maroncelli con l’accusa di cospirazione vennero incarcerati nella scoscesa e tetra fortezza boema dello Spielberg. Del primo ci restano le commoventi pagine de ” Le mie prigioni ”, mentre del secondo le ” Addizioni a Le mie prigioni ” .
Lo storico Giuseppe Mercenaro ci ha fornito un’ulteriore particolare, macabramente allusivo, secondo cui nel ristorante situato nel cortile della fortezza dello Spielberg, tutt’oggi si offra alla sadica delizia dell’ospite una sanguinosa carne denominata ” Bistecca alla Maroncelli” .
Entrambi gli scrittori sono passati, in particolar modo Pellico, alla storia sia come ottimi letterati sia come valorosi patrioti non certo lordati dalla macchia infamante che l’imperial-regio governo tentò di abbattere su di loro.
Altro caso, questa volta ”internazionale” per così dire, fu quello relativo al capitano ebreo dell’esercito francese Alfred Dreyfus il quale venne accusato, senza prove, di spionaggio in favore della Germania venne processato per alto tradimento, degradato e deportato. Dopo anni la sua innocenza venne riconosciuta e venne riabilitato.
Tornando ora – casualmente? – entro i nostri confini soffermiamoci sul caso relativo al principe Edgardo Sogno, partigiano bianco meglio noto come il comandante Franchi e parlamentare del PLI. Fautore del leggendario Golpe Bianco e accusato di cospirazione politica, sbattuto dietro le sbarre e, successivamente, prosciolto. Come ha ben esposto lo storico Pietro Di Muccio de Quarto in un volumetto ”Il golpe bianco di Edgardo Sogno” si trattò non di un mero errore giudiziario bensì di un esempio paradigmatico di uso politico della giustizia.
Protagonista della cosiddetta malagiustizia fu anche Giovannino Guareschi, autore del celebre Don Camillo. Accusato di diffamazione nei riguardi dell’allora presidente del consiglio Alcide De Gasperi, venne condannato alla pena detentiva al termine di un ”processo farsa” nel quale non fu neppure consentito alla difesa di disporre le perizie richieste per dimostrare l’innocenza dell’imputato.
Lo scrittore parmigiano volle andare in carcere di sua spontanea iniziativa al termine del primo grado senza fare ricorso, pur avendo subito una palese ingiustizia; questo episodio manifestò a tutti i problemi del rapporto tra giustizia e politica ma soprattutto quello relativo all’indipendenza della magistratura rispetto al potere.
In tempi più recenti toccò al presentatore televisivo Enzo Tortora noto al pubblico in particolare con la trasmissione televisiva ”Portobello”. Tortora venne improvvisamente arrestato il 17 giugno 1983 quando un reparto di carabinieri della procura di Napoli lo condussero nel carcere della città partenopea.
Processato e condannato per reati gravissimi quali associazione camorristica e spaccio di droga, al termine di un lungo Calvario giudiziario venne riconosciuto totalmente estraneo.
Nel Caso Tortora la magistratura oltre a fare una pessima figura evidenziò in tutta la sua gravità la ”Questione Giustizia” e della sua stessa amministrazione.
Questi casi però non hanno leso l’onorabilità né di Dreyfus, né di Sogno, né di Guareschi e neppure di Tortora.
È stata la storia quindi, in questi come in altri casi, a rendere giustizia: infatti Pellico e Maroncelli sono entrati nel palladio delle patrie memorie e per loro il ”carcere duro” invece che macchia è diventato un segno di distinzione.
Infatti se è arduo e ignobile dover subire e quindi accettare una condanna ingiusta come dimostrano questi ”casi” non si deve aver timore di patire il carcere anche da innocenti, in quanto l’innocente incarcerato fa cospargere d’infamia la corte che ha emesso l’ingiusta sentenza, ancor più grave se viziata da motivi di natura politica o da spregio delle leggi.
Sarà la storia a restituire giustizia all’innocente.
Ecco perchè la frase di Henry David Thoreau anche se apparentemente assai provocatoria mi sembra possa bene inquadrare le vicende di malagiustizia che la storia e la cronaca hanno offerto alla nostra osservazione; quello che si può in coscienza affermare è che i giudizi di condanna quando viziati da motivi esterni all’applicazione corretta e scrupolosa delle leggi, non ledono in alcun modo la rispettabilità e l’onorabilità dei condannati.