Fiere e festival del libro nel Lazio, le impressioni di Fabrizio Moscato

Accanto alla piccola e media editoria indipendente, protagonista di “Più libri più liberi”, nell’edizione del 2022 si è dato spazio anche a indagini di attività culturale sul territorio, in particolar modo per quanto riguarda il Lazio.

L’evento che si è tenuto sabato 10 dicembre, in una delle tante sale della Nuvola di Fuksas, ha riguardato le fiere e i festival letterari che si svolgono nella zona circostante Roma, all’interno della regione. Una regione che, sfortunatamente, soffre da sempre l’attrazione della capitale, enorme calamita che trascina eventi e persone verso di sé, svuotando i propri dintorni. 

Tuttavia, negli ultimi anni, le iniziative per la rivalutazione delle zone più piccole (come isole, borghi e paesi) sono decisamente aumentate. 

L’incontro “Fiere e festival del libro nel Lazio incontrano pubblico ed editori a Più libri più liberi”, organizzato dalla Regione Lazio con la moderazione di Margherita Schirmacher, ha visto il dialogo di quattro organizzatori di fiere e festival del Lazio: Rachele Brancatisano, del “Festival delle storie” nella valle di Comino; Francesca Mancini, del “Festival letterario Gita al faro” a Ventotene; Fabrizio Moscato di “Liberi sulla carta” a Rieti; Rita Petruccioli de “La città incantata”, meeting internazionale di disegnatori con base a Civita di Bagnoregio. 

Per quanto una fiera o un festival letterario possano far pensare ai medesimi schemi ripetuti, i quattro intervistati hanno dimostrato ben altro. Non soltanto la diversità dei siti permette organizzazioni differenti, ma anche gli approcci agli eventi, alla letteratura e all’editoria variano a seconda delle idee.

“La città incantata” a Civita di Bagnoregio propone workshop con fumettisti, “Gita al faro” a Ventotene progetta una scrittura in iter di racconti scritti durante il festival e raccolti in seguito in antologie; il “Festival delle storie” si svolge ogni giorno in un paese diverso della valle del Comino, mentre “Liberi sulla carta” raduna la micro-editoria del territorio e presenta spesso spettacoli inediti, ideati appositamente per l’occasione.

Tutte iniziative originali, realizzate spesso, dato il basso budget, al lavoro dei volontari e agli aiuti della comunità. 

E la validità dell’iniziativa si mostra anche nell’entusiasta partecipazione di personaggi dello spettacolo, che aderiscono nonostante i bassi compensi (molte volte, anzi, scelgono di farlo addirittura a titolo gratuito).

Sul palco della sala conferenze, i quattro organizzatori concordano sul bisogno di valorizzare il territorio, anche e soprattutto con eventi culturali; tuttavia, sono convinti del fatto che servirebbe una maggiore sponsorizzazione e un dibattito in merito, di modo che gli eventi possano essere meglio conosciuti e dunque frequentati.

Fabrizio Moscato, direttore artistico di Liberi sulla carta, ha accettato di rispondere ad alcune mie domande in merito alla fiera di Rieti.

Come si rapporta “Liberi sulla carta” a “Più libri più liberi”, fiera della piccola e media editoria? Il vostro obbiettivo è solo quello di un confronto costruttivo con essa, o piuttosto la vedete come qualcosa a cui aspirare, un punto d’arrivo?

Sicuramente è un riferimento per quanto riguarda l’offerta culturale che garantisce ai visitatori, con tutti i suoi incontri. Tuttavia, non possiamo essere minimamente competitivi sulla scelta degli editori; facciamo un altro sport, qui sono centinaia e spesso con alti fatturati, mentre i nostri sono diversi. Da quel punto di vista, quindi, facciamo senza dubbio una cosa differente. 

Il nostro valore aggiunto, secondo me, è il legame territoriale; come dicevo prima durante l’incontro, la nostra fiera diventa collettore dell’attività di tante realtà locali che poi trovano in “Liberi sulla carta” la loro espressione. Questo, a “Più libri più liberi”, ovviamente non avviene. Questa fiera parte proprio da un punto diverso. È bellissima, io partecipo fin dal primo anno, non ho mai saltato un’edizione. Non voglio criticarla ma semplicemente evidenziare che facciamo una cosa diversa.

Quindi il valore aggiunto è il legame con il territorio?

Si, non è un caso che in tredici edizioni il sito sia già cambiato due volte; siamo partiti dal caffè letterario “Poggio Mirteto”, spostandoci poi a Farfa, dove lo spazio era più grande e si prestava meglio. Dal 2018, poi, ci siamo trasferiti a Rieti, perché a Farfa non entravamo più, avevamo bisogno di un luogo più ampio; inoltre, la richiesta della città per lo svolgimento della fiera in loco era molto grande. La comunità, infatti, ha la percezione che, almeno per quanto riguarda i libri, quello sia l’evento più importante della provincia. 

In più, apprezzo molto il fatto che non facciamo tutto noi organizzatori, ma accogliamo molte proposte da realtà esterne. 

Risalta quindi la capacità di fare rete, di garantire un’offerta coerente rispetto ai contenuti e realizzata dalla direzione artistica. È una caratteristica forte che noi abbiamo.

Quindi c’è una volontà di fare networking restando coerenti, senza perdere o sparpagliare la vostra identità?

Per noi fare networking è una necessità, se non lo facessimo non riusciremmo a fare “Liberi sulla carta”. Abbiamo iniziato in tre amici, poi negli anni si sono aggregate molte persone. Questo si riflette anche nell’offerta: io sono il direttore artistico ma se facessi solo le cose che piacciono a me, dopo tredici anni di fiera, avrei già finito le idee da proporre! Devo essere capace di cogliere anche sensibilità diverse, allargandomi a realtà che conosco meno, magari per motivi anagrafici o di gusto.

Credo sia fondamentale che tutti abbiano la possibilità di trovare un libro, uno spettacolo adatto a loro, un momento per loro interessante. 

I tuoi colleghi sono sempre dell’ambito?

Io ho un’agenzia letteraria ma per tutti e tre l’organizzazione della fiera è una seconda occupazione, nessuno di noi si occupa di cultura in maniera prevalente. Nel comitato abbiamo persone che orbitano attorno a discorsi culturali, ma “Liberi sulla carta” è senza dubbio l’evento principale in cui si esplica la loro attività. Certo, sono persone che amano leggere e scrivere ma, a parte un’autrice, non vi sono membri nel comitato che lo facciano come primo lavoro. 

Anche dalle risposte di Moscato, quindi, ciò che emerge è una fortissima volontà, una grande passione; l’arte di fare networking — o rete, per dirla in italiano — non è solo un breve passatempo, ma il punto focale delle loro iniziative; con la chiusura e la recisione non si arriva a nulla. Per costruire ponti, servono cavi connettori.

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