“Women and Lies”, quando mentire serve per sopravvivere

«Non si dicono le bugie».

Quante volte abbiamo sentito dire questa frase? 
Alla menzogna è sempre stata data un’accezione morale negativa e da piccoli ci è stato insegnato che è giusto dire sempre la verità. Ma cosa succede quando mentire diventa l’unico meccanismo di difesa per la sopravvivenza? 

Si è discusso di questo durante l’evento Women and Lies: ce l’ha detto il patriarcato che dovevamo mentire in occasione di Più Libri Più Liberi 2022Non si è trattato della presentazione di un libro o di un dibattito relativo al mondo dell’editoria; la splendida moderatrice Djarah Kan, infatti, è riuscita a impostare un dialogo armonioso su un argomento così delicato insieme alle altre quattro ospiti presenti: Igiaba Scego, Carlotta Vagnoli, Lou Ms. Femme e Ronke Oluwadare.

La riflessione è partita da un dato: secondo il dizionario Merriam – Webster, la parola più ricercata online nel 2022 è gaslighting. Il fenomeno descritto da questo sostantivo indica quel tipo di manipolazione psicologica esercitata a lungo termine su una persona che, per questo, si ritrova a mettere in dubbio la validità dei propri pensieri e della propria identità. Ciò comporta una sottomissione forse anche involontaria rispetto ad altre persone e rispetto a determinate circostanze che, seppur ingiuste, vengono accettate come “normalità”. 

Ma perché accade questo? Il titolo dell’evento un po’ lo ha suggerito. 
Non si può negare che stiamo vivendo in una società patriarcale che influenza questi tipi di comportamenti, rappresentando una delle radici del fenomeno, non l’unica, certo, ma una delle più forti. Il nostro, infatti, è un periodo storico in cui mentire è diventata una strategia di difesa, di sopravvivenza; non solo non si riesce ad essere trasparenti con gli altri, ma si arriva a oscurare parti del proprio io, convincendosi di certe verità imposte pur di convivere con esse. 

Come giustamente ha fatto notare la psicologa Ronke Oluwadare, è un meccanismo psicologico che ad esempio coinvolge le cosiddette seconde generazioni, ovvero chi nasce in Italia da genitori stranieri e si trova a dover includere nella propria unicità di individuo una pluralità di identità culturali. In questo caso mentire, lasciando nell’ombra una parte di sé, resta l’unica strategia per integrarsi. Non essendo ancora accettata l’idea di poliedricità, se non si appartiene a una sezione specifica del catalogo sociale, si rimane tagliati fuori. 

Forse l’esempio più alla portata di tutti è quello dei social media. Queste piattaforme sembrano quelle vetrine dei negozi minuziosamente decorate per il periodo natalizio in cui però viene messa in mostra la versione personaggio di una persona; anche quando si fa attivismo al loro interno, come nel caso di Carlotta Vagnoli o Lou Ms. Femme. In questa sorta di società virtuale, infatti, l’esporsi mostrando la propria verità è un gesto di grande coraggio e comporta la convivenza col giudizio di chi, forte di essere sostenitore dell’opinione di maggioranza, non si fa problemi ad esprimere le proprie parole d’odio. 

Insomma, mentire è diventata una necessità. In queste circostanze non si può più nemmeno attribuire un giudizio morale perché si tratta banalmente di legittima difesa di fronte a un abuso perpetuato dall’intera società. Lo si vede nella scelta di una persona trans che non ha la forza di lottare quotidianamente con violenze verbali o fisiche, come raccontato da Lou Ms. Femme. Ma lo si vede anche negli occhi di una donna che, vittima di un marito manipolatore, accetta di mentire alla propria coscienza pur di vedersi legittimata nel ruolo di moglie perché questo è quello che ci si aspetta da lei, questo è quello che le hanno insegnato ad essere. Le hanno insegnato a obbedire per riscattare un peccato originale che è stato quello di nascere donna, quello di nascere trans, quello di nascere minoranza. 

Allora quale resta la strada da percorrere? Come sradicare un modus vivendi che abbiamo interiorizzato così tanto da non distinguerlo nei gesti quotidiani e magari alimentandone ingiustizie e violenze? Probabilmente riuscendo a rinunciare alle pretese performative e ai cataloghi sociali. Ma questo è un percorso di cultura, di accettazione interiore ma anche di lotta sociale che è necessario portare avanti dibattito dopo dibattito, sensibilizzazione dopo sensibilizzazione a partire da una serata di quattro amici al tavolo di casa, fino a un evento di Più Libri Più Liberi 2022. 

L’obiettivo è decostruire queste credenze, prendere coscienza di cosa ci influenza e abituarsi a un tipo di ragionamento che possa difendere da fenomeni di manipolazione di qualsiasi tipo. Non si tratta di un percorso univoco perché è una meta che si può raggiungere con svariati sentieri; non si tratta nemmeno di un processo breve perché decostruire bias così radicati non è un lavoro semplice; si tratta, però, di una strada nuova necessaria da costruire così che, come nel film Gaslight, un giorno ognuno si possa affacciare al balcone consapevole di poter mostrare esattamente chi è. 

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