L’incontro con la direttrice Maria Lucia Stefani e la bibliotecaria Virginia D’Ambrosio, entrambe facenti le veci della biblioteca “Paolo Baffi”, parte integrante della Banca d’Italia, ci apre le porte a quella dimensione sempre più ingombrante e spesso soffocante nelle vite di ogni individuo moderno: il flusso di notizie.
Dal momento che nel mondo contemporaneo vi è un’ampia presenza di canali digitali, peraltro in numero costantemente crescente, si viene investiti da post riguardanti svariati argomenti, e la sovraesposizione di informazioni, purtroppo, fa sì che non sia sempre possibile verificare ciò che si legge. Si crea, dunque, un vero e proprio disordine informativo, ricolmo di insidie e trappole.
Si parla continuamente di fake news, termine entrato ormai all’interno del nostro linguaggio comune, e di cui talora si abusa. Il fenomeno è antico: si pensi a Nerone, considerato il folle che volle incendiare Roma e nel mentre festeggiare la catastrofe suonando la cetra. In realtà, è stato scoperto che l’infausto evento venne causato dalla caduta di una lucerna all’interno di una casa e, essendo le abitazioni romane in legno, nonché attaccate le une alle altre, le fiamme si propagarono per tutta la città.
Il fatto è stato attribuito per secoli ad un gesto dell’imperatore e solo in tempi più recenti si è avuto modo di smentire il tutto! Immaginiamo cosa potrebbe accadere oggi con la presenza di internet. La velocità di propagazione di innumerevoli notizie — la cui gravità non si discosta troppo dal famoso incendio di Roma — è estremamente rapida e pervasiva, a causa dell’enorme quantitativo di persone che le leggono e condividono.
Fake news, è bene evidenziarlo, rimanda a un termine ombrello; lo si può immaginare, infatti, come il macro-nucleo da cui si possono individuare tre tipologie di disordine informativo. La prima tipologia è la disinformazione, cioè la creazione di contenuti volutamente falsi con l’obiettivo di creare danno nei confronti di un individuo o gruppo specifico; la seconda tipologia è la misinformazione, ovvero una diffusione di notizie false da parte di individui convinti delle loro tesi; ultima è la mal-informazione, che consiste nell’uso di dati veri, fusi a elementi di diversi momenti e contesti, i quali stravolgono le notizie, trasformandole quasi del tutto al fine di recare danno.
Esistono dei meccanismi che ci traggono nella trappola del disordine informativo: il sovraccarico cognitivo, ovvero la presenza esagerata d’informazioni che ci porta a scegliere la prima che leggiamo o la più conforme alle nostre idee; il pregiudizio di conferma, la tendenza a leggere ciò in cui già si crede o che, in qualche maniera, è conforme alle nostre idee pregresse; la bolla di filtraggio, che vede l’utilizzo di algoritmi da parte di piattaforme — come i social network, ad esempio — che propongono all’utente contenuti affini alle sue ricerche precedenti; e, infine, l’effetto pecora, cioè seguire il conformismo o, in parole povere, le idee altrui.
Tirando le somme, sembrerebbe essere l’impatto emotivo ciò a cui si fa affidamento per influenzarci maggiormente.
Fortunatamente abbiamo a nostra disposizione delle controffensive efficaci, che sarebbe buona abitudine interiorizzare per un uso sano di tutti i mezzi che mettono a disposizione notizie di qualsiasi tipo. Intanto si dovrebbe leggere attentamente l’URL di ogni sito, la chiave per accedere ad ogni tipo di contenuti: infatti, nel momento in cui si nota un’incongruenza con un nome o un titolo, è facile che si risvegli il dubbio per mezzo della quale spesso è possibile scovare il tranello.
Bisognerebbe indagare anche la fonte (o le fonti), dunque ricercare in diversi siti, soprattutto porre la propria attenzione su autore e data. Sarebbe saggio prediligere siti di una certa validità e nomea, per esempio enciclopedie e siti universitari; ricorrere a luoghi di cultura e ricerca come archivi e biblioteche, che paradossalmente hanno un ruolo importante oggi quanto nel passato e, anzi, più che mai rappresentano una sorta di protezione da ciò che può danneggiare il sapere. Per quanto possa sembrare strano, avvalersi del proprio sapere per contraddire in maniera critica ciò che si legge è un diritto, ma anche un dovere. L’agire in questo senso è sicuramente costruttivo.
Ahimè, è sorprendente come, di fatto, il progresso tecnologico prenda una direzione parallela rispetto a al regresso di consapevolezza e di messa in discussione rispetto a ciò che leggiamo. l’Italia, purtroppo, secondo recenti statistiche, è uno dei paesi che soffre di più questa dinamica, specialmente nella fascia d’età tra i sedici e i sessant’anni.
Ecco che diviene importante l’alfabetizzazione digitale, un processo di educazione all’uso della rete, con la consapevolezza delle luci e delle ombre di tale dimensione. Le scuole, per fortuna, si stanno muovendo per rendere consapevoli gli studenti delle dinamiche riguardanti le informazioni; un processo indubbiamente lento, specialmente rispetto alla velocità della rete, ma che può dare dei buoni frutti se si porta avanti con costanza.
A livello etico, si dovrebbe comprendere che opinioni differenti possono dare vita a scambi proattivi, senza ricorrere alla violenza verbale; riflettere su ciò che si è ascoltato aiuta, l’essere istintivi può essere al contrario dannoso, soprattutto nel mondo di internet, all’interno del quale ciò che si scrive rimane. Purtroppo, al facile accesso al digitale consegue una sorta di narcisismo virtuale, per cui tutti si considerano portatori di verità, quando in realtà la verità non è mai disvelata, anzi, andando avanti si fanno nuove scoperte, se ne mettono in discussione altre passate e si rinnovano, oppure si smentiscono.
Per rispondere alla domanda posta all’inizio, quindi, mi sento di affermare, infine, che è sì possibile far diventare la melma acqua, ma è certo che bisogna comunque sporcarsi le mani.