La Corte giudica che l’ingerenza risultante dalla misura non è proporzionata all’obiettivo perseguito
Nella sentenza relativa alle cause riunite C-37/20 e C-601/20, il 22 novembre 2022, la Corte di giustizia europea ha statuito l’invalidità dell’art. 1, punto 15 lettera c) della Direttiva UE antiriciclaggio 2018/843.
Questa prevede che “Gli Stati membri [dell’Unione europea] provvedono affinché le informazioni sulla titolarità effettiva siano accessibili in ogni caso: a) alle autorità competenti e alle FIU, senza alcuna restrizione; b) ai soggetti obbligati, nel quadro dell’adeguata verifica della clientela a norma del capo II; c) al pubblico. Le persone di cui alla lettera c) hanno accesso almeno al nome, al mese e anno di nascita, al paese di residenza e alla cittadinanza del titolare effettivo così come alla natura ed entità dell’interesse beneficiario detenuto.”
L’ANTEFATTO
Con una legge del 13 gennaio 2019 – in Lussemburgo – è stato istituito il Luxembourg Business Registers (LBR), che raccoglie e conserva una molteplicità di informazioni sui titolari effettivi delle varie persone giuridiche a esso registrate.
Come stabilito anche dall’art. 1, punto 15 lettera c) dell’ultima direttiva antiriciclaggio, una parte di queste informazioni è accessibile al pubblico, in particolare via Internet.
E proprio sulla lettera c) sono stati presentati due ricorsi – al Tribunale circoscrizionale di Lussemburgo – rispettivamente da una società e dal titolare effettivo di una compagnia lussemburghese. Questi avevano chiesto – senza successo – all’LBR di limitare l’accesso del pubblico alle informazioni che li riguardavano.
Il giudice lussemburghese, ritenendo che la divulgazione indiscriminata dei dati oggetto del ricorso potesse comportare un rischio sproporzionato di violazione dei diritti fondamentali dei titolari effettivi interessati, ha sottoposto alla Corte di giustizia europea una serie di questioni pregiudiziali al fine di interpretare le disposizioni della direttiva antiriciclaggio alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
La Corte, riunita in Grandi Sezioni, con la sentenza del 22 novembre 2022, ha dichiarato l’invalidità della disposizione della direttiva antiriciclaggio ai sensi della quale le informazioni sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche costituite sul territorio di uno stato membro siano accessibili in ogni caso.
Come sottolineato nel suo comunicato stampa, la Corte ritiene che “l’accesso del pubblico alle informazioni sulla titolarità effettiva costituisce una grave ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, rispettivamente sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea]. Infatti, le informazioni divulgate consentono a un numero potenzialmente illimitato di persone di informarsi sulla situazione materiale e finanziaria del titolare effettivo.”
Il giudice comunitario ha sottolineato come l’uso e l’abuso di dati così strettamente personali possa essere maggiormente aggravato dalla possibilità di conservazione e diffusione degli stessi.
La Corte ha quindi stabilito che “l’ingerenza risultante da siffatta misura non è né limitata allo stretto necessario né proporzionata all’obiettivo perseguito.”
L’IMPATTO IN ITALIA
Come noto, anche in Italia, tramite il decreto ministeriale n. 55/2022, è stata recepita la direttiva antiriciclaggio prevedendo l’istituzione del registro dei titolari effettivi.
Il decreto, però, manca dei provvedimenti attuativi necessari all’introduzione del registro e alla sua gestione (il tema più rilevante quello dell’accesso ai dati da parte del pubblico). Tali provvedimenti – non ancora emanati – adesso dovranno necessariamente tener conto di quanto stabilito dalla Corte di giustizia europea.