Verba manent: il destino dei braccianti sfruttati

La vicenda Soumahoro, che in questi giorni sta infiammando l’opinione pubblica, non dovrebbe importare tanto dal punto di vista del destino di quest’ultimo; anche perché, se una certa sinistra troppe volte ha condannato prima ancora di seguire lo svolgersi dei processi, stavolta non si deve commettere con gli stessi il medesimo errore. Se verrà condannato o assolto si saprà tra molto, probabilmente quando le cronache avranno già dimenticato il caso. Perciò, per ora, poco interessa. Soprattutto perché in certi casi, dove le riflessioni sono ben più profonde di una bagarre politica, l’importanza del problema va oltre i personalismi. Il tema della gestione dei braccianti resta e resterà anche dopo il caso del deputato con gli stivali in Parlamento.

Troppi, infatti, i braccianti costretti a lavorare in condizioni inique, anche minorenni. Il sistema delle cooperative, che in Italia dal lato fiscale è piuttosto vantaggioso, soprattutto per quelle agricole, che pagano circa la metà delle imposte a cui debbono sottostare le società, è diffuso soprattutto al sud. Dove spesso vengono usati migranti per svolgere lavori duri, mal retribuiti, a nero e senza condizioni minime salariali e contrattuali. L’immigrazione che fa comodo, quella che non sporca, non ruba e non dà fastidio alla quiete pubblica: quella, cioè, che serve per fare profitto, approfittando della fame di chi sbarca. 

Quando i governi, come quello Meloni, stringono il pugno sull’immigrazione, dovrebbero parimenti guardare là dove l’immigrazione viene sfruttata. Cosa non va in certi ambienti? Perché dei lavoratori, immigrati, devono essere lasciati “senza luce e acqua”, come hanno dichiarato dei minori nel centro di Latina e Sezze durante un’ispezione?

È facile parlare di immigrazione clandestina, sbandierando risposte aut aut, o dentro o fuori, più spesso fuori. C’è, però, un sistema che vuole quella gente per usarla. Colpire quel sistema, che senz’altro è una minima parte nel mondo delle cooperative oneste, potrebbe essere un buon modo per  contribuire a risolvere il problema dell’immigrazione clandestina: nessuno entra irregolarmente, nessuno sfrutta chi entra. 

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