Tre giorni fa il mondo ha visto bruciare Notre Dame in diretta. In una serata all’apparenza come tante, la Dama è stata abbandonata al suo destino: al posto dei suoi cavalieri, lingue di fuoco ardente. Per un giorno, tutti hanno maledetto l’incendio che l’ha sgretolata e si sono sentiti vicini ai cittadini francesi.
Notre Drame, verrebbe da dire. Ad ogni modo, stavolta il terrorismo jihadista non c’entra. Nessun camion guidato da folli integralisti o kalashnikov che disgraziatamente non s’inceppano mai.
Si tratta di terrorismo naturale, inaspettato e altrettanto distruttivo. Ciò che crolla si può ricostruire, ma non sarà come prima, dunque conta la memoria.
Tanto di cappello agli italiani che si sono stretti nella preghiera al fianco dei francesi, perché una vignetta marcia e abietta come quella di Charlie Hebdo a seguito del sisma di Amatrice [Séisme A’ l’Italienne, ndr] non ha reso il popolo italiano gretto e vendicativo, ma ha rafforzato le coscienze nostrane. Il dramma non conosce astio e le tragedie richiedono rispetto silenzioso, nonché preghiera.